esteri

Un’Europa senz’anima rischia di cedere alle lusinghe della guerra

Gianfranco Longo

A quanto ammonterà il costo finale di cibare Zelensky che ha eletto un regime di scambi e di relazioni corrotte quale proprio modello politico?

Le guerre sono sovente percorse, come le stesse variabili economiche, da mutamenti endogeni e da condizionamenti esogeni, che ne caratterizzano prospettive di costante incertezza come pure di facili ed ingenui entusiasmi rispetto ad un effettivo processo di conclusione dei conflitti. Infatti, in maniera del tutto imprevedibile, le guerre, specie le due più note in corso, tra Ucraina e Russia in Europa, e nella Striscia di Gaza in Medio Oriente, sono destinate a rimodellarsi lasciando ad una continua sorpresa gli osservatori rispetto a esiti ipotizzati e traguardi finali.

Si era pensato, con una dose di forte ottimismo e di annebbiamento di prospettive a lungo termine, che, nella Striscia di Gaza, l'intervento deciso ed autorevole del Presidente Trump, avrebbe posto fine al conflitto. Il conflitto in realtà è soltanto stato declassato a caratterizzarsi per una sua minore intensità, quell’intensità che era sembrata inarrestabile e che aveva fatto temere nei mesi passati ad una sua possibile recrudescenza, estendendosi anche ad altre zone della regione, innanzitutto il Libano. Declassare un conflitto, però, non significa affatto che vittime, esecutori, partners e partnerships, economici, bellici, politici e di governo esecutivo, dell'una e dell'altra parte, nonché nuove previsioni di ribaltamento degli esiti finali, siano d'un tratto ritornati allo status quo ante. Anzi la dimensione umanitaria, quella che tragicamente meno interessa di essere risolta da parte dei vari operatori politici della guerra, successivamente travestiti e mascherati da decisi e indefettibili garanti di sicurezza e pace, serve, quella dimensione, a un gioco agghiacciante di ricatti e di improvvisi scuotimenti di coscienza che vorrebbero portare il tutto ad una soluzione in realtà impossibile, proprio come se la pace servisse da aspettativa di una guerra che diviene ineluttabile, non desiderando nessuno ricomporre con efficacia e con volontà «politico-umanitaria» una lineare trattativa di fine delle ostilità. Peraltro una concreta operazione di messa in sicurezza della popolazione civile, senza che questa rimanga ostaggio, utile, della guerra, servirebbe a fugare l’idea che i civili servano a interventi di salvezza umanitaria solo di facciata, immediatamente seguiti, come sono, da refrain di attesa e infine di destinazione a tempi futuri della fine dei conflitti, tempi incerti e del tutto ignoti, necessari in realtà a rendere la ripresa costante delle ostilità una via paradossale per raggiungere la pace.

Stessa dimensione iperbolica di sospensione della verità e della testimonianza storica sugli eventi, oltre al nascondimento dei veri obiettivi di ogni guerra, quelli cioè di disarticolare la società civile al fine di far prevalere economicamente una delle parti in guerra, li ritroviamo in Ucraina, compromessa da continue incertezze, da profonde corruzioni interne, endemiche, storiche, antropologico-politiche e di sistema. Tali difficoltà si rivelano essere infine necessità di prolungare i combattimenti e le operazioni belliche per ragioni strategiche, lasciando supporre alla popolazione europea che la soluzione e la via di pace avverrà soltanto al termine di un conflitto ben più ampio. Ci si chiede però: per quale ragione vincente a favore della Ue? Il conflitto in Ucraina fu in realtà intrapreso, surrettiziamente, dai disgraziati USA di Biden, cui si accodarono – nutrendolo finanziariamente e speculandoci su – la sciagurata Ue a comando teutonico, caratterizzato da ostinata e fredda determinazione alla guerra contro Putin (più che contro la Russia). Ciò ha mostrato, nel corso di questi quasi quattro anni, un ben altro interesse di quello tanto proclamato in slogan di difesa dell’Ucraina da quanto è parsa essere un’invasione da parte della Russia, in realtà provocata e subdolamente ricercata in ogni modo: servirsi dell’Ucraina è stato come servirsi dei civili palestinesi per mandare avanti una lotta in Medio Oriente religiosa, squilibrando e disarticolando tutta una regione; in Europa, invece, continuare ad alimentare il conflitto, sfamando i suoi artefici e saziando i beneficiari, atteggiatisi a vittime, vorrebbe servire a risollevare le sorti della Germania a discapito degli altri paesi di area Ue, i quali potrebbero facilmente capitolare dal punto di vista politico-economico, a causa dell’accanimento frenetico di finanziare una guerra contro Putin. E non a difesa dell’Ucraina.

La pace viene purtroppo travisata in una resa da parte di uno dei due contendenti, il che già sarebbe un inquietante gioco politico condotto da comando Ue ed USA. Più realistico è ritenere, invece, che la pace, come intesa dagli organizzatori della guerra, debba prevedere soprattutto la caduta di entrambi i contendenti, cioè sia dell’Ucraina che della Russia, affinché nella Ue venga scongiurato il tracollo politico, monetario e civile. Le variabili endogene, caratterizzanti un conflitto derubricato a un regolamento di conti (anche storico tra Ucraina e Russia), si sono ormai catapultate al di fuori di quel contesto, trasformandosi in variabili esogene per l'Europa che troverà dalla provocazione di conflitti armati e dalla spasmodica frenesia di finanziarli, la sua stessa rovina, tanto da farci chiedere: quanto costerà alla popolazione europea l’asservimento della commissione Ue alle lusinghe belliche di Biden? Davvero si può ritenere che la rinascita di un continente, come quello europeo, debba passare da politiche economiche di riarmo, coccolandosi un pupazzetto assettato di potere e di smania di dominio in uno Stato antropologicamente e culturalmente inquinato da corruzione e storicamente privato dalla difesa politica dei diritti individuali e dalla garanzia giuridica delle libertà fondamentali, quale è l’Ucraina? A quanto ammonterà il costo finale di cibare Zelensky che ha eletto un regime di scambi e di relazioni corrotte quale proprio modello politico?

Privacy Policy Cookie Policy