L'analisi

L’attentato a Ranucci e il rischio che la censura emargini il dissenso

Nunzio Smacchia

La diffusione delle notizie, quali che siano, è un aspetto importante per una società civile e libera e da essa dipende la possibilità di scegliere e giudicare

L’attentato contro il giornalista Sigfrido Ranucci, è un argomento che, in termini criminologici, evidenzia la delittuosità che si può nascondere dietro l’informazione e la volontà d’esprimere valutazioni, perni fondamentali di una società civile e democratica. La diffusione delle notizie, quali che siano, è un aspetto importante per una società civile e libera e da essa dipende la possibilità di scegliere e giudicare. Nel processo divulgativo dei fatti bisogna essere imparziali e precisi e comunque le conoscenze devono essere diffuse nel modo più veritiero possibile, senza omettere nulla di ciò che si comunica; se si scantona, se ci si allontana dalla verità, è facile cadere nella denigrazione della persona alla quale le vicende e i comportamenti si riferiscono, assumendo il carattere di attacco all’onorabilità del soggetto coinvolto, aggredito.

È importante che il confronto dialettico tra la libertà di manifestazione del pensiero e di cronaca e la difesa dell’onore e del decoro sia posto e discusso in termini equilibrati. Un dato è certo: non è giusto, ad esempio, criminalizzare un direttore d’un giornale per un pezzo giornalistico, per di più non scritto da lui, anche se di contenuto non veridico, o mancante d’interesse pubblico o di obiettività del fatto riportato. È giunto il momento per una nuova valutazione della questione che dovrà necessariamente cambiare la sua immagine scientifica, sociale e politica, per renderla più consona ai tempi attuali.

La «parola», o una trasmissione televisiva, hanno un valore determinante per la costruzione dell’opinione pubblica e creano i fondamenti ideologici e morali, nei quali la società trova la sua linfa vitale. Un’adeguata informazione condiziona favorevolmente l’esistenza delle istituzioni e di un popolo; al contrario, ne inficia i valori, se viene «manipolata», e in questo caso diventa un pericolo per la libertà. Si devono perseguire le condizioni perché l’informazione sia realmente efficiente, oltre che «indipendente, obiettiva e completa», e si svolga, soprattutto, nel pluralismo delle sue fonti.

Correlativamente a questo tipo di indicazioni, ve n’è un altro rappresentato dalla censura, cui si ricorre spesso per reprimere il dissenso. Anche la propagazione più libera, più incondizionata, può incorrere nell’azione ostativa di divulgare determinate notizie: si deve evitare il rischio che la censura causi l’emarginazione del dissenso e si arrivi all’autocensura. Si può correre il pericolo che nel processo di scelta alcune notizie vadano a «scalzare» altre difformi dalla visione o dal modo di pensare di chi ha il potere d’informare. In sostanza, può essere ritenuto «criminale» scegliere di pubblicare determinate notizie o dare risalto ad alcuni fatti tramite mezzi televisivi, che sono poco attuali o inopportuni, solo per colpire qualcuno o qualcosa. È l’uso improprio e finalizzato della notizia che è più delittuoso della notizia stessa. La più sottile diffamazione deriva dall’omissione o distorsione dei fatti e delle opinioni: disinformare è forse una delle violenze più gravi che si possa perpetrare all’interno di una società progredita, perché è un interesse primario della collettività essere correttamente informati.

Il rapporto tra un’esigenza pubblica e la tutela dell’onore e del decoro di un individuo, della sfera intima di un soggetto, è fondamentale per la credibilità politico-legislativa di un paese moderno e avanzato. Si discute anche sulla compatibilità tra il diritto di cronaca e il diritto di critica. Secondo alcuni sarebbero incompatibili, perché il primo è basato sulla ricerca della verità e il secondo sarebbe di per sé cosa opinabile; per i più, invece, i due aspetti possono coesistere, solo se vengono esercitati nell’ambito della propria natura. La possibile lesione del bene onore, dell’immagine, diventa oltremodo delittuosa, se lo spazio critico si rivolge alla persona, se il giudizio coinvolge e scredita il valore dei fatti e la figura del soggetto, indipendentemente dalla sua opera; in questo caso scatta sicuramente la possibile reazione penale per la difesa della dignità e prestigio della persona diffamata. Ma se la valutazione critica è rivolta unicamente all’opera, si è solo in presenza di una libertà d’apprezzamento, che non coinvolge direttamente l’autore come persona. Se si dovessero annullare o inibire le libertà di stampa, fatte nei limiti del lecito, verrebbero meno due diritti fondamentali: la libertà d’opinione, che potrebbe pure essere scambiata per voglia d’opposizione, e la libertà d’informazione e di cultura, che rappresenta la ricerca della verità e dell’indipendente esternazione del pensiero e della critica. Sopprimerli, significherebbe soffocare l’opposizione e la democrazia.

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