il commento
Ecco come ti rubo l’identità online
Il dilagare online di foto che scatenano i leoni da tastiera sessisti e voyeurs è l’estrema deriva di un problema che impensierisce da tempo i responsabili della cybersecurity.
Il dilagare online di foto che scatenano i leoni da tastiera sessisti e voyeurs è l’estrema deriva di un problema che impensierisce da tempo i responsabili della cybersecurity. Numerose le star che hanno visto circolare in rete le loro foto private catturate negli archivi personali e rese di pubblico dominio. C’entra il cloud. Anziché salvare i propri dati su dischetti obsoleti e chiavette, si preferisce trasferirli in uno spazio virtuale offerto dai provider. Questo li mette al sicuro da smagnetizzazioni, smarrimenti o guasti dei supporti tradizionali. Per accedervi basta una password. Ma quando un hacker la scopre, è finita. Jennifer Lawrence ha trovato 60 foto personali in cui appare con il bikini e nuda. «È così dura vedere come la gente ti ruba la privacy» sostiene. Altre celebrità di Hollywood, un centinaio, hanno subito l’oltraggio delle proprie intimità messe in rete. Fra loro, Kim Kardashian, Rihanna, Hillary Duff, Kate Upton, Kate Bosworth, Ariana Grande, Mary Elizabeth Winstead. Ribattono gli esperti: «Le foto eliminate dal telefonino, vengono comunque caricate nell’account di iCloud. Se vuoi che nessuno le veda, non farlo». Laura Eimiller, portavoce dell’FBI, afferma che il suo ente conosce «la violazione informatica e il rilascio illecito di materiale che coinvolge individui di alto profilo, e sta affrontando la questione». Anche la Apple avvia una propria inchiesta. Gli hacker sarebbero riusciti penetrare nei cloud protetti attraverso una falla dell’app «Trova il mio iPhone». Ne fu vittima anche Andrea Camilleri, che scoprì un falso se stesso tra i profili di Facebook. All’autore di Montalbano giunsero chiamate e messaggi da conoscenti ed amici stupiti di certe sue esternazioni. Così Camilleri sporse denuncia alla Postale.
Sul New Yorker fu pubblicata una lettera di Philip Roth agli amministratori di Wikipedia. Nella pagina dedicatagli aveva rilevato un gravissimo errore a proposito del romanzo La macchia umana. Lui stesso aveva provato a effettuare la correzione, ma questa gli era stata rigettata, in quanto Roth non veniva ritenuto una fonte affidabile.
Hackers Crackdown, ovvero «giro di vite con gli hacker», venne battezzata un’operazione del Bureau setacciò l’intero territorio federale. Migliaia di individui con piccoli ed innocui computer comprati ai grandi magazzini facevano di tutto. «Hackers Crackdown» diventò poi il titolo di un libro di Bruce Sterling, capofila insieme a William Gibson del cyberpunk.
Per fronteggiare ricatti informatici alla City ed estorsioni elettroniche su scala europea, Scotland Yard lanciò l’iniziativa Lathe Gambit. Una misura di sicurezza iniziale era la password, la parola chiave che permette di proteggere il materiale immesso nella rete. Ma qualsiasi pirata informatico non tardò a padroneggiare i programmi pocket sniffer, letteralmente «fiutapacchetti», capaci di registrare a tradimento codici segreti e rispettivi possessori per poter poi sottrarre i dati. Nel 1982, il colosso delle comunicazioni AT&T introdusse il PIN, numero di identificazione personale a quattro cifre, dapprima applicato alle carte di credito telefoniche, poi esteso all’intero pianeta informatico, compresi i cellulari. Insufficiente a bloccare gli arrembaggi dei pirati informatici. Le preoccupazioni della polizia, sono espresse da un portavoce: «La diffusione di certi dettagli personali può rendere in effetti molto semplici frodi, furti e falsificazioni, a danno della sicurezza dei cittadini».
Agli albori della rete Paul Wallich scrisse sullo Scientific American: «Forse un giorno Internet diventerà un’autostrada dell’informazione, ma per il momento assomiglia più a una ferrovia del secolo scorso che attraversa regioni infestate dai banditi. I nuovi utenti, che entrano a ondate nel ciberspazio in cerca di informazioni gratuite o di opportunità commerciali, costituiscono un facile bersaglio per gli imbroglioni, che sanno usare la tastiera con la stessa destrezza con cui Billy the Kid maneggiava la sua sei colpi».