esteri

Un’Europa in decadenza alza bandiera bianca ancor prima della guerra

vincenzo d’anna

Siamo divenuti arrendevoli e concilianti, pronti a difendere le anime belle ed i profeti della pace disarmata qualunque essa sia

A chi mi faceva osservare che l'Europa conta ben poco nella vicenda della guerra scatenata da Vladimir Putin per annettersi territori dello Stato sovrano ucraino, ho risposto che, a ben vedere, siamo messi ancora peggio dell'essere un popolo disarmato: siamo divenuti un popolo imbelle! Per quanto poche siano le armi in dotazione agli eserciti del Vecchio Continente, ancor minore è la determinazione dei Paesi che ne fanno parte, così come ancor meno il coraggio di volerle usare. Siamo ormai un insieme di popoli per lo più decadenti, privi di idealità, appagati dal benessere e dal godimento delle più disparate libertà. Libertà spesso esercitate senza il corrispettivo senso del dovere né responsabilità, alcune delle quali scaturite da desideri e pulsioni individuali, minoritarie nel consesso sociale e prive di ricadute in termini di beneficio collettivo. E tuttavia, quei supposti diritti e quelle particolari libertà sono comunque assurte al rango di diritti generali ed imposti.

Si dirà che esse siano frutto di un'ulteriore manifestazione di progresso ed emancipazione civica e giuridica in Europa, espressione dei tempi che corrono e di quel gradiente di liberalità umana che Benedetto Croce riteneva progressivo e consustanziale allo sviluppo della società umana, di quei consessi aperti e tolleranti . Ma, al di fuori di questo discorso filosofico-escatologico, le cose non stanno affatto come descritto: non si tratta infatti soltanto di una nuova e più vasta Weltanschauung (visione del mondo) del Terzo Millennio, bensì dell'espressione di una decadenza antropologica, ossia della perdita dei requisiti indispensabili per gli uomini: coraggio e vigore.

Insomma, siamo divenuti arrendevoli e concilianti, pronti a difendere le anime belle ed i profeti della pace disarmata qualunque essa sia. Ci lamentiamo dei migranti e della cosiddetta colonizzazione del nostro continente, ma non facciamo più figli perché crescerli è faticoso ed allevarli ancora più costoso. Ci indigniamo davanti ai soprusi che altri Stati infliggono a nazioni sovrane, ma abbiamo abolito la leva militare affidandoci ai professionisti: a coloro che, per mestiere, dovrebbero combattere e morire perché pagati per farlo. Marciamo indefessi gridando contro i despoti e i tiranni, piangiamo le loro vittime innocenti, ma inorridiamo di fronte alla prospettiva che i soprusi es i violenti si combattano con le armi in pugno.

Giova a qualcosa ricordare che, senza l'apporto del tanto deprecato flusso migratorio non pagheremmo le pensioni agli anziani, non produrremmo più nulla e, peggio ancora, senza di questi, probabilmente, scompariremmo come entità geopolitica nei prossimi duecento anni? Se per pura ipotesi Putin arrivasse a Trieste con i suoi carri armati, ci difenderemmo con il coraggio e la determinazione degli ucraini? Interrogati in proposito da un istituto demoscopico, i nostri giovani hanno in larga parte escluso qualsiasi impegno contro un eventuale invasore e tra loro non aleggia, se non per essere deriso, ciò che un tempo si chiamava «amor di patria».

Non a caso l'etichetta di «guerrafondaio» o di «fascista» è da sempre già pronta per coloro i quali si oppongono alla vulgata sinistrorsa secondo cui siamo cittadini del mondo ed il ripudio della guerra è sancito in eterno nella nostra Costituzione. Secondo costoro la bandiera arcobaleno del pacifismo dovrebbe sventolare, senza remore, sui pennoni al posto di quel tricolore che ormai agitiamo, con enfasi, solo durante le partite di calcio. Verosimilmente, qualunque fosse l'aggressore, saremmo inclini ad arrenderci con grande sussiego, in nome dei sacri principi della pace nel mondo.

Fantasie agostane? Non credo proprio! Se guardiamo già oggi allo stato dell'arte nel nostro Continente, eccezion fatta per inglesi, polacchi, tedeschi e francesi, tutto il resto tifa perché Domineddio ci garantisca l'eterna quiete! Le cose non cambieranno di certo se non subentrerà uno stato di necessità impellente e diretto, anche perché la Nato non è più quella coperta difensiva garantita dalla potenza politica e militare degli Stati Uniti.

Con Donald Trump alla Casa Bianca, avremo sempre le spalle scoperte e l'esempio ucraino dovrebbe, in tal senso, fare scuola ed ammaestramento. Nel Belpaese, le cose forse andrebbero anche peggio, perché alla parola «riarmo» la sinistra ha sempre associato i concetti di autoritarismo, minaccia alla democrazia e il fantasma dell'eterno ritorno della dittatura del Ventennio. Seguiremmo a malapena gli Stati europei più determinati, con mille distinguo e cento cautele. In buona sostanza sarebbe l'eterno ed italico motto: «Franza o Spagna, purché se magna». C'è da ritenere che la vera causa sia questa: non abbiamo più voglia di batterci per nulla che turbi lo stare con la pancia piena e i piedi al caldo. Meglio tenere i nostri giovani cocchi di mamma lontani da ogni pericolo. Il resto? Vada pure al diavolo!

La decadenza può essere anche certa, ma bisognerebbe almeno evitare l'oltraggio della codardia e della vergogna nel libro della Storia dei popoli.

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