La riflessione

Si parla di ricostruzione ma nel frattempo continuano le bombe

dorella cianci

C’è aria di festa a Roma per la Conferenza di ricostruzione dell’Ucraina! Eppure, alcuni di noi, provano tanta tristezza. Olena Kovalenko, per una vita intera maestra a Kiev e da due anni accolta a Siret, in Romania, ci ha appena detto telefonicamente: «A Roma parlate di costruzione e, in Ucraina, c’è il rumore e la puzza della distruzione. Mentre i leader europei si sentono confortati e protetti da quella bellissima struttura che è la Nuvola dell’architetto Fuksas, a me vengono le lacrime agli occhi. Il mio Paese, nei fatti, è solo, ma nelle sessioni internazionali ci si scambiano abbracci e promesse».

Non facile commentare queste parole. Fanno male, ma è doveroso ammettere che è comprensibile che l’Europa dia un segnale ed è altrettanto importante che l’Italia si riposizioni in qualche modo, allontanandosi, sempre più, da quell’America in bilico, che qualche tempo fa ha quasi umiliato il leader ucraino in diretta mondiale. Le dichiarazioni sono nette, ma Meloni non è certamente ingenua e sa bene quanto, a suon di armi, sia difficile pensare alla ricostruzione, soprattutto quando, nei fatti, non c’è neanche una vera bozza per il raggiungimento della pace. In questi casi ci sono le frasi di rito, il cerimoniale d’accoglienza, le foto d’occasione… È ovvio. Lo farebbe ogni leader e molti leader europei, ieri, l’hanno fatto, fingendo che ci sia una vera idea compatta di Europa, anche se l’assenza di Francia e Germania, impegnate, in maniera solitaria, sul tavolo dei «volenterosi» è un’ulteriore brutta scena da digerire in termini di politica estera UE . «L'Italia continuerà a sostenere l'eroica resistenza del popolo ucraino, come ha fatto finora a 360 gradi anche con la cooperazione tra le nostre industrie della difesa […]. Sappiamo quanto è importante permettere all'Ucraina di continuare a difendersi, soprattutto dagli attacchi sempre più brutali con cui la Russia continua a colpire i civili», ha detto la premier italiana nelle dichiarazioni alla stampa, con accanto il presidente ucraino Zelensky, dopo l'incontro bilaterale a margine della Conferenza.

E Zelensky ha aggiunto: «Stiamo lavorando per creare una grande coalizione per la ripresa e per la ricostruzione. Questo deve essere il momento dell'inizio della ricostruzione. Tutto ciò che ha distrutto la Russia può essere ricostruito. Questa coalizione ha bisogno di Paesi, di leader, di aziende tutte insieme per ricostruire la nostra società. Quello che serve è un piano di recupero e di resilienza chiaro. Un po' come il piano Marshall, quando appunto ha trasformato e l'Europa tempo fa. Noi daremo il benvenuto a chi ci aiuterà, a coloro quindi che non aiutano la Russia a continuare questa guerra. Sappiate che solamente gli amici sono invitati a far parte di quello che è il nuovo ripristino, la ripresa tecnologica, industriale ed economica dell'Ucraina».

Zelensky, tuttavia, sa bene che è difficile dire con divisione manichea quali siano gli amici e quali i nemici in un clima di intreccio spaventoso della geopolitica e, così, mentre parla di rinascita incassa 5000 missili Thales dal governo di Londra. Strano modo per pensare alla ricostruzione! Eppure, dal suo punto di vista di leader, spesso ingannato, è comprensibile che si muova in questo solco e raccatti quel che può. Il vero problema è l’Europa che, in certe affermazioni, rischia di rivelarsi ingenua, illusa, se non addirittura, nel peggiore dei casi, falsa. C’è qualcuno che ha fatto i conti davvero? I danni inflitti a edifici e infrastrutture ammontano a circa 176 miliardi di dollari. I settori più colpiti sono quello abitativo (con danni per 57 miliardi di dollari, il 33% del totale), quello dei trasporti (circa 36 miliardi) e quello dell’energia e delle attività estrattive (approssimativamente 20 miliardi di dollari). E i danni aumentano di ora in ora. Nel 2024, in particolare, gli attacchi russi si sono concentrati sulle infrastrutture energetiche, con disastri enormi. La Banca mondiale ha inserito fra i disastri in atto anche l’interruzione dei servizi, l’aumento dei costi operativi e la riduzione di entrate per governo e privati, arrivando a una cifra complessiva di 589 miliardi di dollari, contro i 499 registrati a fine 2023. Il 66% dei danni diretti, pari a 116 miliardi di dollari, nonché il 47% dei costi di ricostruzione (248 miliardi), riguardano le regioni di Kharkiv, Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson.

Sono cifre enormi e, nonostante il fondo equity europeo, penso, a fine giornata, a Olena. Non abbiamo il diritto, da europeo, di essere così ingannevoli.

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