L'analisi
I bambini ci guardano? Un neonato morto e il vuoto attorno
I bambini ci guardano era un film di De Sica, realizzato in anni difficili, segnò non solo l’inizio della collaborazione con Cesare Zavattini ma anche l’apertura della grande stagione del neorealismo
I bambini ci guardano era un film di De Sica, realizzato in anni difficili, segnò non solo l’inizio della collaborazione con Cesare Zavattini ma anche l’apertura della grande stagione del neorealismo. Un film amaro che poneva i bambini al centro della trama: correva l’anno 1944.
Da tempo i bambini hanno smesso di guardarci, probabilmente hanno compreso che c’è ben poco da imparare dal mondo degli adulti. Nelle tante parole d’ordine che hanno segnato l’inizio del nuovo anno, libertà, occasioni, viaggi, responsabilità è scomparsa la parola infanzia. Eppure è la parola che da sempre fa rima con futuro. I bambini sono appena tollerati nel grande circo mediatico che ci circonda, non votano, non comprano, non influenzano le mode quindi possono anche sparire. Al massimo li vediamo esposti sulle pagine dei giornali con pistole in pugno. Immagini false per pistole vere.
A tutto questo ho pensato quando ho letto del neonato trovato morto nella culla termica in una chiesa a Bari. Sembrava che tutto funzionasse a dovere, sembrava che tutto potesse andare per il meglio: un luogo sicuro, una culla termica… E invece nulla ha funzionato e il piccolo non ce l’ha fatta. È morto di freddo, come i tanti bambini delle tante guerre che ci circondano: triste destino per tanti, bambini e non, in questi anni amarissimi. Da una parte del mondo alcuni bambini vengono seppelliti da una pioggia di regali che spesso non riescono nemmeno a scartare, dall’altra parte un numero sempre maggiore di bambini viene seppellita, nell’indifferenza generale, da un numero crescente di bombe. Anche quando si rifugiano negli ospedali. Anche quando sono già in barella.
Che razza di mondo è questo!? Se dimentichiamo di proteggere i bambini distruggiamo con loro il nostro futuro.
Finiremo per diventare un Paese senza memoria, eppure siamo il Paese di Maria Montessori, dei cento linguaggi dei bambini.
Siamo il paese di un Papa straordinario che all’apertura del Concilio Ecumenico a Roma nel 1962 ricordò a tutto il mondo l’importanza di una carezza data ai bambini. Possibile che abbiamo dimenticato tutto?
Viviamo una crisi drammatica, i primi a pagarne le spese sono i più deboli. La sanità finisce per essere un lusso per pochi, eppure tutto il percorso della gravidanza per una donna che sceglie di mettere al mondo un bambino deve essere gratuito e assistito fino al parto. Tante volte questo non accade, non ci si cura perché non si hanno i soldi per la sanità privata e per la sanità pubblica c’è troppo tempo di attesa. L’istituzione scolastica, che costituisce la spina dorsale di ogni società, viene ogni anno depotenziata, gli insegnanti sono i meno pagati d’Europa, la cronaca ci rimanda, con desolata mestizia, all’episodio di criminali comuni che entrano a scuola per dare una sonora lezione a suon di ceffoni all’insegnante di turno, reo unicamente di far rispettare le regole.
Così accade che, nonostante il PIL, nonostante ci vantiamo di vivere nell’Occidente libero e ricco, un neonato è morto di freddo in chiesa. Come succedeva secoli fa. Con una differenza. Cento anni fa quando moriva un neonato c’era ovunque, concreta e palpabile, amarezza profonda, oggi ci sono solo selve di telecamere a filmare il nulla che ci circonda.