L'analisi
Finita la sbornia autonomia si punti a rilanciare il Paese tramite un «Pnrr tricolore»
Arrivato il secondo, pesante NO all'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, ma soprattutto il secondo grande passo avanti nella battaglia referendaria contro la riforma «spacca Italia», resta soltanto lo step finale: la decisione della Consulta sull'ammissibilità del referendum
Arrivato il secondo, pesante NO all'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, ma soprattutto il secondo grande passo avanti nella battaglia referendaria contro la riforma «spacca Italia», resta soltanto lo step finale: la decisione della Consulta sull'ammissibilità del referendum. Nel caso dell'ulteriore e definitivo Sì, si andrà finalmente alle urne per cancellare con un altro Sì l'impopolare regionalismo parafederalista preteso dalle Regioni lombardo-venete e dalla Lega. La decisione è attesa per il 20 gennaio.
Ennesima bocciatura chiara e netta, la sentenza della Cassazione è calata a dicembre come un macigno sul progetto «ammazza Sud» della parte più egoista del Nord. Sotto altri aspetti, ci legittima sempre di più a chiedere al Governo centrale, al Parlamento, agli Enti locali piccoli e grandi, ai sindacati e al mondo imprenditoriale, di accantonare per sempre l'autolesionista federalismo fuori tempo, per affrontare, una volta per tutte, i veri e più urgenti problemi del Paese e di un Mezzogiorno dimenticato. Al bando l'autonomia differenziata che vogliono solo alcuni, si metta mano alle emergenze, a vantaggio di tutti. Per questo, la politica e le forze sociali con la massima collaborazione possibile devono assumere la responsabilità d'integrare l'Italia intera in un ampio progetto che dovrà impegnarsi a risolvere finalmente tante questioni.
Sotto questo aspetto, lo stesso referendum è la soluzione finale, ma ben prima dovrebbe prevalere invece il buonsenso. Può un Paese come il nostro, con tutte le sue difficoltà contingenti e storiche (l'insoluta questione meridionale), aspettare mesi e affrontare le divisioni della stagione referendaria? Sembra del tutto inutile e non solo a me.
Visto com'è stato sgangherato e mutilato dalla Consulta l'impianto dell'autonomia, non ha più senso l'arrembaggio vetero-federalista della Lega. Il Governo italiano dovrebbe decretare la fine della partita, sostituendo il progetto divisivo con un programma straordinario di rinnovamento e rilancio del nostro Paese, capace di costruire quell'unità vera Nord-Centro-Sud-Isole che l'Italia attende da 163 anni. Un Pnrr tutto tricolore e unificante, che l'Unione Europea avrebbe l'interesse e la responsabilità di finanziare, anche per sostenere il ruolo storico strategico che Bruxelles riconosce al Mezzogiorno, ponte di dialogo con i Paesi del Mediterraneo.
Governo, Parlamento, Regioni, parlamentari europei, Istituzioni, forze sociali, insomma la nostra classe politica e dirigente al completo, devono superare le divisioni, gli steccati dell'appartenenza e unirsi per una grande svolta, che evitando sprechi, mancette, figli e figliastri possa riuscire a scommettere sul concreto, con una progettualità in grado tra l'altro di dare al Sud una risposta inedita e meritata in termini di impegni, di risorse, di pianificazione.
Vengono i brividi solo a pensare ai cahiers de doleances del Meridone rispetto al resto del Paese. Si prenda innanzitutto la salute negata. Dal Sud ci si va a curare al Nord, ma quanti sono i cittadini meridionali che non avendo la possibilità di sopportare le spese rinunciano a curarsi, tanto nella propria regione che fuori? Solo chi ha una certa capacità economica si può permettere l'emigrazione sanitaria o può dare le spalle alle liste di attesa e farsi curare a pagamento. Peraltro, sappiamo bene che la gente del Mezzogiorno non è costretta a migrare da un sistema o apparato sanitario che non funziona, ma da una sanità meridionale mai messa in condizione di funzionare correttamente, malfinanziata, cronicamente commissariata. I medici sono pochi, per via dei decennali blocchi ad assunzioni e turn over. I più, i mancati investimenti sulle nuove tecnologie rendono alcune strutture ormai inadeguate alla richiesta di cura. Per cambiare una Tac ci vuole un decennio e se non si provvede per tempo, stammi bene!
D'altra parte, con l'inverno demografico e l'invecchiamento della popolazione, nel Meridione prevalgono ormai i pensionati. È noto il documento del Comune di Bari che conta quasi il doppio di anziani in città rispetto ai ragazzi di 18 anni. Abbondano inoltre i precari, i sottopagati, i non abbienti. Il Governo nazionale lo ha riconosciuto, tentando di migliorare, però aver concesso aumenti di meno di 2 euro al mese a pensionati con poco più di 600 euro, sembra un'offesa più che un aiuto. Una manovra malfatta, c'è poco da replicare.
Com'è sbagliato e suicida, promettere ma non mantenere una «primavera» infrastrutturale per il Mezzogiorno. Si pensi ai cantieri scippati alla Puglia, dallo sperone al tacco, senza eccezioni. Sono evaporati i 608 milioni di euro attesi per eliminare passaggi a livello e ammodernare la linea da Palese a Giovinazzo, elettrificando altri 11 km. Alla revoca dello stanziamento«ferroviario» decisa dall'apposito Comitato interministeriale, si aggiungono il mancato finanziamento della statale della morte Lucera-San Severo e l'esclusione da qualsiasi fondo della statale 100 Bari-Taranto, resa estremamente pericolosa da un altro «sentiero» mortale, tra San Basilio-Massafra-Taranto (l'indispensabile messa in sicurezza attenderà chissà quali tempi migliori).
È andato a quel paese anche il Tecnopolo del Mediterraneo a Taranto (sottratti i 9 milioni di euro previsti dal 2018), traballa la sempre tarantina Biennale del Mediterraneo d'Arte e architettura, in aggiunta ai dubbi sul riconoscimento di 4milioni di euro per prolungare l'autostrada Bari-Taranto. Ombre sulla decontribuzione Sud mettono a repentaglio il rientro almeno parziale in Puglia di parte dei salottifici Natuzzi delocalizzati in Romania.
Casamassima dovrà rinviare sine die gli interventi urgenti indispensabili per rendere sicure le proprie scuole dell'infanzia e primarie e la prima cittadina di Corigliano d'Otranto, Dina Manti, inserirebbe a ragione nell'elenco anche la ristrutturazione del locale Supercinema, solo intravista prima di sparire oltre l'orizzonte degli interventi finanziati o compartecipati dallo Stato.
Una sintesi di tutto questo? Il Governo nazionale si comporti per una volta da buon padre e madre di famiglia, abbandonando il braccio di ferro controproducente sull'autonomia differenziata, per adottare una politica capace di leggere le effettive esigenze del Paese e di accompagnarlo verso il futuro vero dell'Italia, unita dai chi ci ha preceduto.