l'analisi

Pediatrico-policlinico quei giochi politici senza ascoltare i medici

Nicola Laforgia

Il Consiglio Regionale ha approvato lo scorporo del Giovanni XXIII dal Policlinico, «nelle more» della costituzione di un ospedale pediatrico autonomo

Il Consiglio Regionale ha approvato lo scorporo del Giovanni XXIII dal Policlinico, «nelle more» della costituzione di un ospedale pediatrico autonomo. Ne hanno parlato in tanti, pediatri, politici, pensionati, e anche per questo avevo preferito non intervenire, per non dare ad alcuno la possibilità di derubricare questioni che attengono alla salute di bambini e famiglie, a fatti personali. Ora però, ormai subìta la decisione regionale, voglio condividere con i lettori alcune riflessioni.

Premessa: Policlinico e Università non sono mai stati coinvolti nel progetto, che aleggia da circa dieci anni, di un ospedale pediatrico autonomo, progetto imperniato solo sul Giovanni XXIII, senza l’Università di Bari e senza i reparti pediatrici di Oncologia Pediatrica e Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale, che sono, da sempre, nel Policlinico, come sanno bene le famiglie dei piccoli pazienti.

Per questo la Regione ha nominato subcommissari e asset manager dedicati, pagato consulenze alla Bocconi senza risultato. Ora, finalmente, la battaglia contro Università e Policlinico è vinta, sconfiggendo quelli che «vogliono tirare a campare» e «la tirannia dell’inerzia», fra le lacrime e, naturalmente, nel nome e nell’interesse dei bambini e delle famiglie a cui pure nessuno ha chiesto un parere.

Non sarò certamente io a dire come lavorano Oncologia Pediatrica e Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale nel Policlinico, per cui rimando alle valutazioni dei Lettori e, per gli addetti ai lavori, ai dati di performances e di soddisfazione di Aress e Agenas. La conventio ad excludendum di queste strutture dal progetto di un ospedale pediatrico autonomo, com’è evidente, non trova spiegazione logica, né tantomeno, sul piano scientifico e assistenziale.

Ci devono dunque essere altre ragioni che spieghino questo ostracismo, perché se davvero l’obiettivo fosse quello dell’ospedale pediatrico autonomo, invece che dividere, bisognerebbe unire le forze in campo e lavorare tutti insieme, ancor più se si volesse realizzare un IRCCS, dove i parametri valutativi della ricerca, core business dell’Università, sono dati imprescindibili.

Una risposta si può trovare pensando alle conseguenze pratiche della decantata autonomia. È semplice. Perché si darà, a una parte della Pediatria, la possibilità di fare convenzioni con altri ospedali, con altre università, nell’ interesse di singoli, non già di bambini e famiglie, consegnando un altro terreno di conquista a interessi privati extra-pugliesi.

Evidentemente non è bastato il flop della recente e onerosa convenzione con il Bambin Gesù per la Cardiochirurgia Pediatrica, ancora chiusa nonostante un Direttore appena rinnovato nel suo incarico e un Professore Associato da poco reclutato.

Ma stiano tranquilli i cittadini pugliesi, l’operazione, lo ha scritto l’Assessore al bilancio Amati, è a costo zero per le casse regionali, e Amati è uomo d’onore.

Quindi oggi interrogarsi se sarà più facile per medici e infermieri lavorare separati in strutture diverse, con laboratori e servizi non più in comune, se i concorsi per primari attivati, dopo vari anni di attesa, proprio al Giovanni XXIII, salteranno perché la cui veste giuridica oggi cambia, se ai cittadini pugliesi l’offerta di salute pediatrica sarà migliore, diviene mero esercizio intellettuale.

Così, mentre si cerca di far lavorare insieme mondo ospedaliero e mondo universitario, nella Scuola di Specializzazione di Pediatria che coinvolge tutto il Giovanni XXIII, con le quotidiane collaborazioni tra Policlinico e Giovanni XXIII, tra tante colleghe e colleghi preparati e dedicati, molti formati insieme nella nostra Università, la decisione della Regione Puglia divide e continua a mettere gli uni contro gli altri, senza aver mai voluto ascoltare chi da anni produce assistenza e fa formazione, proprio in una fase caratterizzata dal drammatico calo delle nascite e da una grave crisi di personale e strutture per tutta l’area neonatologico-pediatrica, si vedano i casi di Taranto e Brindisi.

Non possiamo che prenderne atto, sia come Neonatologia e TIN, che come Oncologia Pediatrica e Pediatria Universitaria, dove donne e uomini continueranno col massimo impegno ad assicurare assistenza, anche ai tanti bambini che vengono operati da colleghi di altre discipline (dalla Neurochirurgia, alla Chirurgia Plastica, dall’Otorino all’Oculistica etc.) in quel Policlinico che è tra i più importanti ospedali del Mezzogiorno, e a fare didattica e ricerca con l’Università di Bari. Di Bari e della Puglia. Non altro.

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