L'analisi
Lo stop al neoregionalismo per ora allenta la morsa che voleva soffocare il Sud
La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime alcune disposizioni sull'Autonomia differenziata, per i giudici della Consulta spetta al Parlamento correggere i difetti indicati
Autonomia differenziata, indietro tutta. Giorni fa, una notizia ha illuminato una serata piovosa: dopo due giorni di Camera di consiglio, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime alcune disposizioni sull'Autonomia differenziata, per i giudici della Consulta spetta al Parlamento correggere i difetti indicati. La decisione ha accolto parzialmente i ricorsi d'impugnazione di quattro Regioni a maggioranza centrosinistra, Campania, Puglia, Sardegna, Toscana.
Quello imposto a sette profili della legge Calderoli è senza dubbio uno stop. Si dovrà vedere se sostanziale o parziale e si potrà commentare in tanti modi, com'è stato fatto nell'immediatezza. Dalla soddisfazione totale dell'opposizione al Governo Meloni («la legge è demolita»), si è passati al semplice stop and go secondo il centrodestra: un passaggio legislativo per qualche correzione e poi alla via così, come se nulla fosse. A parere del ministro Calderoli, per gli affari regionali e le autonomie, la Corte costituzionale ha decretato che l'impianto della legge sull'autonomia differenziata è conforme alla Costituzione e dopo il deposito delle motivazioni della sentenza, verranno valutati i correttivi da apportare, ai sette punti osservati dalla Consulta. Tra questi, si avverte che all'aggiornamento dei Lep dovrà provvedere un decreto del presidente del Consiglio dei ministri: bocciata la delega legislativa al Governo per la determinazione dei livelli essenziali di prestazioni in materia di diritti civili e sociali, perchè limita il ruolo costituzionale del Parlamento. Vietato modificare con decreto interministeriale le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, destinate a finanziare le funzioni trasferite. La Corte ha rimesso al centro il principio di sussidiarietà: l'autonomia deve migliorare l'efficienza degli apparati pubblici, assicurare una maggiore responsabilità politica e rispondere meglio alle attese e ai bisogni dei cittadini.
Non siamo costituzionalisti e non tocca a noi entrare in profondità nel merito di contenuti che saranno ampiamente illustrati dalle motivazioni della Consulta. Semmai, ci possiamo impegnare ad evidenziare le ricadute immediate: il disco rosso all'autonomia differenziata allenta la morsa che minacciava di stringersi sul Mezzogiorno, ridà respiro al Sud, che si sentiva non a torto «strangolato» dalla riforma Calderoli.
Lo stop imposto all'avanti tutta senza freni e agli egoismi del Nord lombardo-veneto, frena intanto la libera fantasia di avocare alle Regioni poteri e relativi fondi ora in capo allo Stato. Quindi, sospende la sentenza di morte che le realtà centro-settentrionali più fiorenti avrebbero inesorabilmente decretato a un Sud abbandonato ai suoi ritardi, senza la speranza di porvi più rimedio. È ben chiaro che il progetto tanto sognato da generazioni di politici e militanti leghisti era e resta, comunque, di condannarci alla scarsa e arretrata rete delle infrastrutture al servizio di un Meridione più trascurato che povero (di mezzi e di risorse, non certo di capacità e di cervelli). Contavano di continuare ad avvilirci con una sanità che malgrado isole d'eccellenza e gli sforzi degli operatori non riesce a sollevarsi, tanto da vedere crescere il deprecabile fenomeno del turismo sanitario verso le strutture del CentroNord.
L'indubbia sconfitta costituzionale leghista - che vorremmo una Waterloo definitiva, non una battuta d'arresto, per quanto pesante - è una prima risposta positiva alle tante prese di posizione di politici, intellettuali «menti» ed esponenti dell'intelligenza meridionale, che si sono moltiplicate nell'ultimo decennio contro il regionalismo spinto in «salsa verde padana». Va riconosciuta la collaborazione determinante della Gazzetta e delle altre testate pugliesi e del Sud, che hanno informato, commentato, analizzato, dato voce a chi si è battuto - pochi all'inizio, in verità - per far crescere l'orgoglio sudista sopito, per alimentare il dissenso, per evidenziare i rischi per il Sud di un progetto di puro federalismo, mascherato da regionalismo 4.0. si tratta in sostanza del vecchio disegno di Bossi e Miglio, appena imbellettato con il cerone di una mai perfettamente identificata autonomia differenziata.
Adesso c'è da attendere il pronunciamento definitivo e argomentato della Corte Costituzionale, soprattutto auspicare che le Regioni, specialmente quelle del Mezzogiorno, riescano a dialogare utilmente con il Parlamento, per un cambio totale di rotta. Invece delle ambizioni federaliste del Nord, vanno individuate e chiarite le vere priorità per il Paese.
Ed una, importante, urgente, condizione sine qua non, è certamente l'esigenza di offrire ai giovani del Sud un futuro nel Sud, un domani certo, dignitoso, di occupazione stabile e di crescita personale e familiare. La realtà, che abbiamo purtroppo sotto gli occhi e che ci mostrano le cronache, è infatti uno scenario scoraggiante di mancanze e di precarietà. Si materializzano ancora alti livelli di disoccupazione, tanto giovanile che femminile. Sono la prima causa dell'esodo verso il Nord e i Paesi d'Europa. È la fuga dei cervelli, il male oscuro del Mezzogiorno, che va affrontato e debellato con un impegno corale, nazionale, teso a risolvere il ritardo complessivo del Meridione, ad offrire alle ragazze e ai ragazzi del Mezzogiorno d'Italia un futuro nel territorio d'origine, a garantire treni moderni e veloci, strade e autostrade, asili nido, una sanità all'altezza delle esigenze. E tutto il resto, tutto l'essenziale, che oggi ci viene negato, a cominciare da interventi a difesa del suolo e contro il dissesto idrogeologico.
Si faccia tesoro della sfida di questi dieci anni, per elevare la battaglia dalla difesa dei diritti del Sud e rivolgerla verso il rilancio una buona volta del Sud. Tanto più che lo stop della Consulta al progetto spaccaItalia non è che è la prima tappa.
È auspicabile che le Istituzioni - oltre al Parlamento soprattutto le Regioni - riescano a coagularsi in un'alleanza, a portare avanti un confronto destinato a creare una diversa e sentita solidarietà. L'unità sugli obiettivi da raggiungere aiuterà certamente il Mezzogiorno a cancellare i ritardi di cui soffre da tanto tempo, si può dire dall'Unità d'Italia. Dobbiamo tutti spingerlo a decollare, a diventare non «un peso», tra virgolette, ma una locomotiva che concorra a spingere il Paese e l'Europa verso la crescita.
I cittadini del Sud si augurano che il patto Meloni-Salvini, sul quale si è formato il Governo di Centrodestra (premierato in cambio dell'autonomia differenziata), non tenga in ostaggio il Mezzogiorno.