la riflessione
Emiliano e i 5 stelle, la lunga epopea pugliese del primo campo largo
Bisogna riconosce a Michele Emiliano l’onore delle armi, perché fu uno dei pochissimi politici a capire in anteprima il fenomeno del M5S
Bisogna riconosce a Michele Emiliano l’onore delle armi, perché fu uno dei pochissimi politici a capire in anteprima il fenomeno del M5S. E, comunque, fu il primo ad offrire loro l’ingresso nella giunta regionale pugliese, dopo le elezioni regionale del 2015. Ben tre posti mise a disposizione e, per giunta, tre consigliere regionali si trovarono nominate assessore, a loro insaputa, ed esse si ribellarono, e diffusero la seguente nota: «Ha paura di essere controllato dalla principale forza di opposizione lo ha portato a compiere quello che è un atto di una violenza istituzionale inaudita nei confronti di tutti i pugliesi». Le 5s, contro tutto e tutti, una proposta simile gridava vendetta. Emiliano non si scompose e tignoso com’è, battette il martello sull’incudine pentastellata, perché, si era fissato che voleva «istituzionalizzare il populismo». Sui 5s, Michele Emiliano è stato una sorta di cane della razza Épagneul Breton, i migliori, con un olfatto sviluppatissimo a trovare i tartufi. E, davanti ai loro ostinati rifiuti, lui non desistette, anzi, fu più ostinato di loro a cercare l’alleanza.
Si parla, per l’esattezza, delle lontane elezioni del 2015, quando Emiliano fu eletto presidente della giunta regionale della Puglia e i 5s erano un Movimento anti sistema. Erano puri e duri e più che fare politica, insultavano il mondo intero. Come loro non c’era nessuno ed erano unici al mondo, per parafrasare i versi di una canzone d’antan di Rita Pavone. Anche Pierluigi Bersani sbattette male contro ai due capigruppo del M5s, Vito Crimi e Roberta Lombardi. Il leader del Partito democratico fu incaricato a formare il nuovo governo e nelle consultazioni incontrò la delegazione pentastellata. La cui condizione, che imposero, fu che l’incontro si facesse via streaming e non fu un bello spettacolo, per le provocazioni dei 5s. Bersani avrebbe potuto interpellare Emiliano per avere più cognizione di chi erano veramente i 5s. Insomma, erano il nuovo che avanza e in Puglia proponevano la cultura del «no» - Ilva , Xillella e Tap -, in modo molto violento, senza, grazie a dio, «sparatoria».
Non so se fosse stato possibile far cessare la violenza politica, c’era, paradossalmente, un ostacolo insormontabile da superare: il Movimento 5 Stelle. I cui capi erano Beppe Grillo, un modesto comico genovese, e Roberto Casaleggio, un informatico con il pallino della politica, le cui prime discese in campo non furono esaltanti. Questi era la mente con idee innovative e molte di queste avveniristiche, per un certo verso stravaganti per la moltitudine ignorante di Internet, quegli era il braccio che si faceva strada in politica infierendo contro la classe dirigente, sbraitando ed elucubrando progetti fantasiosi, accompagnate da battute di spirito clownesco. Cui la stampa, molti cantanti, attori dello spettacolo e del cinematografo e non poteva mancare una infarinata di uomini della cultura italiana, gli correvano dietro. La coppia Grillo e Casaleggio, vista oggi, sarebbe fuori corso, ieri gli italiani erano infatuati. Stravaganze nell’interpretare la realtà che anche il replicante Roy Batty del film Blade Runner sarebbe impallidito, benché avesse «viste cose che voi umani non potreste immaginarvi». Portando avanti una politica anti sistema, dissacrando tutto e di più, senza alcun riguardo nei confronti di alcuno e, alle elezioni politiche 2018, M5s prese una barca di voti superando di poco il 32%. Dopo un lungo batti e ribatti, dove successe di tutto e ci andò anche di mezzo il Presidente Mattarella, cui fu chiesto l’impeachment da parte di Luigi Di Maio, fu costituito un governo di coalizione, nato da un accordo tra M5s e Lega, con un presidente del consiglio non parlamentare, il professore Giuseppe Conte. Luigi Di Maio battezzò il neo presidente del consiglio, nella logica populista, «l’avvocato del popolo». Dal momento in cui, i 5s fecero il loro ingresso nel governo giallo-verde, subirono la metamorfosi, passarono da forza anti sistema a forza di sistema e, inconsapevole, entrarono in crisi omologandosi ai tradizionali partiti di governo, perdendo dal 2018 ad oggi più di 200 parlamentari. Per non parlare delle debacle alle politiche scorse e alle ultime europee. A cascata: le Regionali e le Comunali. Una parabola discendente entro cui ci sono state espulsioni staliniste, fuoruscite, dissenso e opportunismi.
Vale la pena fare un esempio: il M5s chiedeva a più non posso, stando all’opposizione, la chiusura del siderurgico di Taranto, presidente Conte e Di Maio ministro del Mise convinsero Mittal di fare entrare nella proprietà la società pubblica Invitalia con il 38%. Solamente nel 2024, con le elezioni regionali della Sardegna, la candidata Alessandra Todde del M5s è stata eletta presidente, con la quale Emiliano ha stretto un’alleanza per combattere l’Autonomia differenziata.
Nella strategia politica dei Dem e dei 5s, i due leader hanno trovato l’accordo, in Sardegna, per gettare le basi per un trampolino di lancio del Campo largo. A ben vedere, non è come loro avevano progettato, tutto procede stop and go, con illusioni e disillusione. A nostro avviso, se non fosse morto, nel 2016, Roberto Casaleggio non credo che avesse permesso ai 5s di entrare nel governo e, nel contempo, avrebbe evitato l’avvitamento della crisi, senza via d’uscita. Avrebbe fatto di tutto per fare restare M5 nell’ambito dell’antisistema. Il figlio Davide non ha, di sicuro il carisma e la visione del padre Roberto, quindi, vista la malaparata si è seduto sulla sponda del fiume.
Il problema che è in ballo, oggigiorno, lo scontro tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte. Il primo vuole tornare al passato, diciamo al «Vaffa», il secondo vuole il ritorno al futuro. Tra i due non c’è stato mai un vero feeling, anche perché rappresentano due mondi diversi: uno è uno showman, l’altro è professore universitario. Come il comico vedeva il professore: «È un bell’uomo laureato, con un sior curriculum. Poi all’inizio quando parlava si capiva poco, quindi era perfetto per la politica». Da più di un mese stanno guerreggiando e alla Costituzione del prossimo ottobre, se si farà o meno, si saprà chi dei due sarà il vincitore. Difficilmente ci sarà una pax o una pari e patta, salvo una resa incondizionata di Grillo, cui potrebbero far gola, da buon genovese, i 300 mila euro che riceve dal M5s. Grasso che cola. Alle elezioni regionali pugliesi del 2020, Emiliano se la vide con il candidato del centrodestra, Raffaele Fitto e con la sua avversaria giurata Antonella Laricchia candidata alla presidenza per il 5s. Laricchia è in forte dissenso con il poltronificio regionale dei 5s, «avversaria sprezzante» di Emiliano, cui non ne fa passare una liscia ed è ferma, politicamente, agli albori pentastellati. Vince anzi stravince alle elezioni Emiliano e ,finalmente, può imbarcare nella sua giunta i 5s. Non lasciano un buon ricordo, bassissimo profilo gestionale.
Il laboratorio pugliese è quello che dà vita, con i 5s organici al governo, al Campo largo vanto di Michele Emiliano. Alcuno avrebbe previsto che le elezioni del Comune di Bari sarebbero state flagellate dalle inchieste giudiziarie per il voto di scambio. All’interno dei progressisti si aprì uno scontro al calor bianco per la candidatura a sindaco di Bari di Vito Leccese e di Michele Laforgia. In programma, per la scelta di uno dei due, c’erano le primarie e gli alleati Laforgia e Conte le fecero saltare, preoccupati che potessero esserci delle infiltrazioni mafiose nel corso del voto. Non trovando l’accordo i due candidati del centrosinistra, singolarmente di presentarono con delle proprie coalizioni. Vinse Leccese su Michele Laforgia ed entrambi stravinsero sul centrodestra, guidato da Fabio Romito. L’amministrazione Leccese richiese tempo prima di insediarsi e in giunta entrò come assessore esterno il 5s, Raffaele Diomede, contestato dai due consiglieri del medesimo Movimento, si dovette dimettere. Sennonché i 5s si trovano fuori dalla giunta comunale. Alla regione Puglia, Conte preso da furori moralisti e giustizialisti fece dimettere dal governo e dalle istituzioni gli uomini e le donne del proprio Movimento. E, con toni amichevoli, ribadì ad Emiliano che avrebbe potuti farli rientrare in giunta a tempo debito, se il governatore avesse costituto l’assessore alla legalità e, nello stesso tempo, un nucleo ispettivo.
Una proposta indecente, a nostro avviso, per Emiliano, ma, suo malgrado, abbozzò, per tenere salda la maggioranza e purché fosse restato il rapporto privilegiato con i 5s. Epperò , commise un grave errore di grammatica politico- giudiziaria, accettando la proposta fatta da Conte. Perché? Perché delegittimava, sotto l’aspetto della trasparenza, sia la sua presidenza e la giunta e sia se stesso come uomo di legge. Come se non avesse avuto la forza di fare rispettare dal suo personale di governo l’etica della responsabilità, per cui avrebbe accolto come salvacondotto il diktat del leader del M5s. Emiliano, shakespearianamente «uomo d’onore», ha mantenuto l’impegno preso con Conte e ha dato corso all’assessorato alla legalità e così via. I 5s sfogliano la margherita e giocano sul numero di poltrone da occupare, pertanto, non sono in giunta. Eppure, si erano tanto amati.