L'APPELLO

Difendiamo le spiagge assediate dal turismo e dal clima che cambia

Giuseppe Mastronuzzi

La fascia costiera è oggi un corpo oramai stressato con poche possibilità di essere resiliente, con un bilancio di sedimenti che ne determina avanzata erosione

Le cronache degli ultimi giorni, anche quelle terribili della Grecia, propongono l’uomo e le sue attività vittime dei cambiamenti climatici. È istintivo chiedersi come difenderci da processi che mettono a rischio vite, insediamenti, attività economiche e turismo? Questo approccio è egoisticamente stupido perché inverte causa ed effetto…

Eventi disastrosi sono sempre avvenuti. Nel 1887, il fiume Giallo in Cina allagò la città di Zhengzhou; le vittime stimate furono fra 900mila e 2 milioni. Non si era ancora manifestato l’impatto antropico sul clima.

Certo vivere lungo i corsi d’acqua è pericoloso… chiedetelo a Firenze, alla Romagna…. Forse ancora qualcuno ricorderà dell’alluvione che coprì di fango il centro murattiano di Bari nel 1926 provocando 19 morti.

Il clima sta cambiando e il tempo meteorologico, sua espressione quotidiana, anche: ogni giorno è diverso; il 10 agosto del 2024 è diverso dal 10 agosto del 1923, o del 1795. In Puglia sicuramente faceva caldo; in qualche parte forse pioveva, ma sempre caldo era; ma faceva meno caldo di quanto ne faccia adesso. Negli ultimi circa 180 anni l’uomo ha innescato un effetto domino di cui subiremo effetti nei prossimi decenni.

L’azione di 8 miliardi di persone con industrializzazione e globalizzazione ha amplificato ed accelerato il naturale ciclico riscaldamento del pianeta, guidato dai movimenti del pianeta intorno al sole. L’immissione in atmosfera di gas come CO2 e di NH4 è responsabile dell’effetto serra; la sola CO2 ha oggi una concentrazione pari a circa 420ppm quando nel record geologico il massimo «naturale» si è avuto 125mila anni fa, in pieno periodo caldo, con 290 ppm. La risposta del ciclo dell’acqua al riscaldamento globale è un’accelerazione della fusione dei ghiacci continentali. Ampie porzioni dell’Antartide e della Groenlandia, sino a qualche decennio fa interamente coperti da ghiacci, oggi ne sono prive. Sono aumentati i volumi di acqua nei mari modificando le correnti oceaniche superficiali e profonde con effetti sulle componenti biologiche. Gli oceani sono in rapido innalzamento sino a 5mm/anno; il Mediterraneo, un mare chiuso, risente con ritardo della fusione dei ghiacci polari e si innalza con velocità prossime ai 3mm/anno. Esistono zone costiere in tutto il mondo che per caratteri geologici (tettonica e isostasia) o per attività antropiche (edificazione, emungimento di acqua o di gas) sono in rapido abbassamento. Si stima che oggi più della metà della popolazione dell’UE viva a meno di 50 km dal mare; la maggior parte è concentrata nelle aree urbane costiere e circa il 14 % della popolazione totale dell’UE vive a meno di un chilometro dal mare. A scala globale circa 1 miliardo di persone vive in 570 grandi città costiere; l’IPCC stima che nel 2100, con un livello del mare circa 1 m più alto, circa 600 milioni di persone saranno esposte alle conseguenze dello spostamento della linea di riva. Una tale pressione significa che la fascia costiera sta perdendo la naturalità che la rende resiliente alle sollecitazioni dal mare e dalla terra. Al sollevamento del livello del mare seguono due fatti: 1) Sommersione ed erosione della fascia costiera; 2) Inondazione in corrispondenza degli eventi meteomarini principali. Lungo 163 piane costiere del Mediterraneo entro il 2100 ci verificherà la sommersione di circa 38,529 kmq (c.ca 5.5 millioni di campi di calcio).

Fra Manfredonia e Barletta l’abbassamento della superficie topografica dovuta all’uomo ha determinato la sostanziale sommersione di un’area estesa sino a circa 100 m dalla linea di riva; durante le mareggiate l’inondazione normalmente penetra sino a 400m.

Temperature fino a 30°C delle acque superficiali registrate quest’anno sono assolutamente anomale rispetto ai «naturali» 22/24°C di qualche anno fa. Il riscaldamento della superficie del mare corrisponde all’immagazzinamento di enormi quantità di energia termica; essa prima o poi viene ceduto all’atmosfera.

Quando masse d’aria fredde provenienti dalle alte latitudini scivolano sulle masse calde riscaldata dal mare le richiamano vorticosamente verso l’alto. In casi estremi si possono generare ciclonici molto veloci che degenerano in fenomeni atmosferici quali i medicanes o i tropical like cyclones. Zorbas nel 2018 ha prodotto milioni di danni sulle strutture costiere italiana affacciate sullo Jonio.

La fascia costiera è oggi un corpo oramai stressato con poche possibilità di essere resiliente, con un bilancio di sedimenti che ne determina avanzata erosione. L’effetto della pressione antropica diretta (p.e.: turismo di massa e la generalizzata antropizzazione, demolizione delle dune, pulizia pesante delle spiagge) e indiretta (cambiamento climatico) portano alla perdita dei caratteri naturalistici, archeologici, storici della costa, quelli che ne fanno una risorsa economica. Il turismo intensivo ed estensivo sta diventando la causa della sua distruzione. Le prossime spiagge saranno sempre più piccole e sempre più affollate sino a che non ce ne saranno più. Il mondo scientifico è convinto che si debba parlare di predisposizione all’uso e di capacità di carico del territorio; proteggere un patrimonio naturalistico significa difendere l’economia turistica possibile, ricordiamolo, solo a monte di una filiera produttiva che va dall’industria metallurgica, alla metalmeccanica, alla chimica, ai trasporti, all’edilizia.

È il caso che l’Amministrazione imponga metodi di gestione sistemici perché se le spiagge sono tante, tutte fanno parte della costa ed essa è parte del demanio: è di tutti. Non può essere gestita a macchia di leopardo. Diceva Capo Toro Seduto dei Sioux Lakota: «Solo quando l’ultimo fiume sarà prosciugato, quando l’ultimo albero sarà abbattuto, quando l’ultimo animale sarà ucciso, solo allora capirete che il denaro non si mangia». Occhio all’ultimo granello di sabbia!

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