L'analisi

Dramma liste d’attesa tra nuove, vecchie leggi e sconfitte annunciate

Lino Patruno

E tu, quanto ci hai messo per ottenere l’endoscopia? E tu, per fare la Tac? E tu per la visita specialistica? E a te, a quando hanno fissato la risonanza?

E tu, quanto ci hai messo per ottenere l’endoscopia? E tu, per fare la Tac? E tu per la visita specialistica? E a te, a quando hanno fissato la risonanza? E a te, davvero hanno detto di presentarti il 13 marzo 2025 per la radiografia? Se qualche paziente ha rilevato un tempo d’attesa minore rispetto al passato, ce lo faccia sapere: sarebbe una notizia. Nel Paese in cui anche per questo 16 milioni di italiani ricevono cure insufficienti, e guarda caso soprattutto nelle regioni del Sud. E circa cinque milioni non si curano più perché non hanno i mezzi per pagare. Nel Paese dal servizio sanitario nazionale che decantiamo nel mondo perché «universale» e per tutti al di là del reddito. Ma anche nel Paese in cui quasi la metà di questa decantata sanità gratuita per tutti è affidata ai privati dove poco è gratuito. Nel Paese in cui sulla sanità è violata ogni giorno la Costituzione, specie contro il Sud: diversamente italiano e diversamente finanziato e curato.

Ma dice: proprio il giorno prima delle elezioni europee il governo ha pubblicato un decreto intitolato «Misure urgenti per la riduzione dei tempi di attesa delle prestazioni sanitarie». Il fatto è che gli italiani si devono lamentare sempre e comunque. Il decreto (approvato per ora al Senato) istituisce la Piattaforma nazionale delle liste d’attesa per controllare cosa va e cosa non va, e dove va e dove non va. Insomma se sono rispettati i «codici di urgenza». Quali sono? Una visita o un esame medico in 72 ore se «urgenti», entro 10 giorni se c’è il «codice breve», entro 30 giorni o 60 se è rinviabile, entro 120 se è programmabile.

Tutto bene, alleluia, tranne il dettaglio che il sistema era già previsto dal piano nazionale 2019-2021 senza però alcun risultato. Ma andiamo avanti. Quando si fissa l’appuntamento, il Cup regionale deve comunicare i tempi di attesa sia degli ospedali pubblici, sia dei privati accreditati (le cui prestazioni sono a carico dello Stato). Ci sono Regioni che già tentano di farlo, ma inutilmente. E poi si è rilevato che spesso i privati cercano di non essere espropriati del diritto di decidere per conto loro gli appuntamenti a chi e dove: un potere (clientelare) cui da noi non rinuncia nessuno.

Procediamo. Il decreto vieta di sospendere o chiudere le prenotazioni. Ora qualche lettore ci dica se non si è visto mai sbattere la porta in faccia, con perdita di tempo pari alla apprensione per la propria salute. Un divieto del resto già previsto da una legge del 2005, ma chi si è messo in testa che in Italia le leggi si fanno per essere applicate? Però mettiamo che per un motivo qualsiasi (l’eccezione sempre pronta all’uso) le priorità su dette non possano essere rispettate. Il direttore generale della Asl può rivolgersi ai medici che fanno «intramoenia» chiedendogli di aggiungere qualche altra ora appunto in «intramoenia» ma con un pagamento di un terzo inferiore. Se però vai a scavare, scopri che prima nel 1998, poi nel 2000, infine dal 2010 norme simili già esistevano. Perché ripeterle ora? Elementare, Watson: perché mai entrate in vigore.

Allora il decreto (immaginando quanto possa far paura) prevede il piano B. Chiediamo aiuto ai privati. Ma ai privati bisogna spiegare bene cosa debbano fare di più: di più le attività non a pagamento, meno quelle a pagamento. Più le attività che servono alla comunità, meno quelle che fanno guadagnare di più. Infine, la mitica e risolutrice novità: visite ed esami anche sabato e domenica, e la sera pure. Chi non lo ha mai sentito dire, alzi la mano. Chi lo ha qualche volta visto fare, la alzi ugualmente. Anche questo previsto dal Piano nazionale 2019-2021. Ma quando si vuole fare qualcosa, basta un Piano per non farla.

Eh, ma questa volta si istituisce un Organismo per vigilare: sanzioni in più (ma guarda). Esplode quasi una guerra civile per smantellare i controlli dello Stato sulle Regioni: come, proprio ora che vogliamo smantellare lo Stato con l’autonomia differenziata? E queste sanzioni, poi. Licenziamento dei direttori generali che non cambiano le cose (basta vedere cosa non succede in Puglia per impressionarci). Multe per i privati che non mostrano le agende degli appuntamenti (raddoppiate quelle già previste di mille e seimila euro, non proprio un esproprio). Infine, una sconfitta annunciata, più medici e più infermieri (ma non se ne parlava anche nella Finanziaria del 2022?). E come finanziare il tutto con l’Italia che ha la più bassa spesa sanitaria d’Europa? Per ora in Puglia 20 milioni in più ai privati, con tutti i dubbi corrispondenti.

Ora tu che devi fare una colonscopia dopo il sangue nelle feci, dimmi tu, quando te le farai? Ci vuole ottimismo: la farai, magari a spese tue. Quindi in un modo (o nell’altro) ti toglierai dai piedi.

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