La riflessione

Scandali, soffiate e duelli: non c’è più pace all’ombra degli ulivi

Biagio Marzo

Nel film del 1950, "Non c’è pace tra gli ulivi," ulivo si declina con Puglia il cui epicentro è Bari.

Film del 1950, Non c’è pace tra gli ulivi: ulivo si declina con Puglia il cui epicentro è Bari. C’è il braccio di ferro tra Emiliano e Schlein sulla giunta azzerata o meno. Facile a dirsi difficile a farsi . Ci vogliono i numeri per costituire la maggioranza di governo e la matematica non è una opinione. Per come stanno i problemi politici, in seno alla Regione, Emiliano è alla stessa stregua delle fatiche di Sisifo, per il varo della nuova giunta. Non è tutto. Si sta scrivendo un simil romanzo noir di Agatha Christie, la cui trama , come in Dieci piccoli indiani, «il rapporto è con la giustizia». Le mani criminali sull’Amtab e scandalo sull’Amiu. Basta e avanza. È il caso dei casi con tanti misteri.

L’affaire dei Pisicchio era noto a urbi et orbi e ha dei risvolti assurdi. Alfonsino Pisicchio viene arrestato e finisce ai domiciliari per gravi reati risalenti a quattro anni or sono. Cosa più unica che rara l’arresto è avvenuto in questi giorni e non nelle ore canoniche, all’alba, bensì «a las cinco de la tarda». Lamento per Alfonsino Pisicchio. Sconcertante è l’accelerazione all’esecuzione dell’arresto. Per il Gip, vi è l’esistenza di un pericolo di reiterazione di condotte corruttive contestate, per le quali sono sufficienti i domiciliari all’indagato. Fino a prova contraria, innocente sino al terzo grado di giudizio.

Raccapricciante è la richiesta delle dimissioni a tamburo battente dall’ente regionale Arti di cui Pisicchio era presidente. Attraverso un via vai di wsp tra Emiliano e Pisicchio.

Il reato commesso è un appalto truccato, in cambio di posti di lavoro, in cui sono state presentate delle fideiussioni false, la scoperta delle quali fu fatta dalla dirigente regionale Barbara Valenzano. Colei che divenne presidente del Movimento Senso civico, promosso dall’indagato Pisicchio. Altro mistero dei misteri di questo caso: l’accusatrice nella casa politica dell’accusato. E non finisce qui. C’è il caso Osmairm di Laterza di cui l’assessore, Lopane, avrebbe un conflitto di interesse, per via della sua società Armonia Immobiliare, in quanto ha fornito servizi proprio alla Osmairm, la cui proprietà è della famiglia legata all’assessore. Dal serio al faceto. Come chiamarlo se non uno «scherzo da prete»: Michele «decollato». Per colpa di una foto del Nazareno postata su Instagram. La fotografia, diciamo, sub judice ritrae l’avvocato Laforgia che accompagna il suo «cliente», Luciano Canfora, in Tribunale, a Bari, per l’udienza in cui è accusato per diffamazione dall’allora leader di FdI, Giorgia Meloni. In una lectio magistralis, tenuta nel Liceo scientifico, Enrico Fermi, della Città, nel contesto del conflitto russo-ucraino, l’accademico definì Meloni «neonazista nell’anima», «una poveretta», «trattata come una mentecatta pericolosissima». Avrebbe potuto evitare tali espressioni, di fatto, non fanno bene alla dialettica democratica e politica. Ma questa è un’altra storia. Ritornando a bomba sulla foto. Incomprensibilmente, al fianco del Professore Canfora c’è l’avvocato con la borsa, ma senza la testa. Tutti i mezzi di informazione hanno dato la notizia del Professore Canfora accompagnato dal proprio avvocato Laforgia, ma nella foto questi non viene menzionato e viene decapitato. Una scorrettezza degna di una disinformazia, l’opposto dell’informazione. Storicamente, il termine fu inventato da Giuseppe Stalin per inviare menzognere informazioni agli espatriati politici russi rifugiati in Francia. Non sono cose che capitano, bensì, sono fatte apposta.

Almeno i candidati a sindaco, Michele Laforgia e Vito Leccese non sono dell’avviso di ispirarsi al «Duello all’O.K. Corral». Si sono incontrati d’amore e d’accordo e hanno stretto un patto di non belligeranza per una compagna in cui i due candidati a sindaco di Bari si presenteranno divisi al primo turno per poi il perdente convergerà su colui che andrà al ballottaggio , per poi sfidare il candidato della destra. Impossibile che ci sarà un vincitore al primo turno. San Nicola pure se volesse non potrebbe fare il miracolo, visti gli schieramenti in campo. Uno dei due, Laforgia o Leccese, contro Romito, espressione della Lega, candidato del centrodestra, finitamente.

Laforgia e Leccese, sebbene siano della medesima area progressista, l’avvocato si presenta con delle alleanze composite, mentre l’ex parlamentare Verde è il candidato del Pd. Quando si dice Partito democratico, vuoi o non vuoi, sono Decaro ed Emiliano. Nelle stesso tempo, per come si sono svolti gli accadimenti al nome di Laforgia si associa, ovviamente, quello di Conte, la cui politica si è caratterizzata nel fare terra bruciata attorno a Laforgia. Ha fatto saltare le primarie, assai rischiose, prendendo a pretesto la cosiddetta questione morale nel Pd barese e andando anche oltre, parlando di cacicchi e capibastone, dentro il partito del Nazzareno. Al che, Nichi Vendola, non Cicero pro domo sua, ma con il consenso di Laforgia e Leccese, ha vestito i panni di Diogene, per cercare il terzo uomo, che superasse l’impasse, e, alla fine, delle sue consultazioni il buon Nicola Colaianni aveva accettato di essere il candidato a sindaco al posto dei «duellanti». Di nuovo Conte ha messo il bastone tra le ruote all’operazione vendoliana e Colaianni bocciato, per via della sua veneranda età, non era il giusto «rigeneratore» della città di Bari.

In tutta la vicenda barese, in cui il Pd, apertis verbis, sta pagando prezzi salati, a livello politico e di immagine, Conte è quello che ha infierito di più, rispolverando, erroneamente, Mani pulite «mutilata». Al che, la Schlein ha risposto con gli occhi di Enrico Berlinguer sulla tessera d’iscrizione al Partito democratico 2024. Colui che ha il copyright della questione morale.

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