L'analisi

Le università pugliesi sono in ripresa e... le laureate in prima linea

Angela Stefania Bergantino

Buone notizie arrivano per gli Atenei statali della Puglia dal Ministero dell’Università, che ha pubblicato nei giorni scorsi il monitoraggio sulle iscrizioni al corrente anno accademico

Buone notizie arrivano per gli Atenei statali della Puglia dal Ministero dell’Università, che ha pubblicato nei giorni scorsi il monitoraggio sulle iscrizioni al corrente anno accademico. Nelle quattro Università l’aumento dei nuovi immatricolati per l’anno accademico 2023/24 supera il 5%, una crescita tra le più considerevoli degli ultimi anni e particolarmente significativa perché coincidente con la ripresa dalla pandemia. Anche all’Università Aldo Moro sono risalite le immatricolazioni, affiancando così i numeri in leggera crescita già l’anno scorso di Politecnico e Università del Salento, mentre l’ateneo foggiano presenta dati alterni. Nel complesso, i dati provvisori della Puglia mostrano 16.406 nuove iscrizioni contro le 15.557 dell’anno accademico 2022/23.

È ancora presto per poter approfondire le cause di questa ripresa, bisognerà attendere la pubblicazione in tempi lunghi dei dati in forma disaggregata, ma alcune ipotesi si possono già avanzare. In primo luogo, un ruolo devono averlo giocato i costi crescenti per gli studenti fuori sede nelle Università dell’Italia centrale e settentrionale, che hanno suscitato proteste molto visibili nelle città del Nord, e che possono aver «sconsigliato» molte famiglie a far intraprendere gli studi in una sede fuori casa. È vero che sono saliti considerevolmente i costi degli alloggi per studenti anche nei tre capoluoghi universitari regionali, complice il boom del turismo, ma il rapporto costo-qualità di far studiare la propria figlia o il proprio figlio in Puglia è sempre più a favore di questa scelta.

L’ordine di genere appena seguito non è casuale. Come in tutta Italia, e in tutta Europa, dagli anni Novanta la percentuale di iscritte e laureate nel sistema di educazione terziario è superiore a quella degli studenti maschi. In Italia su 100 nuovi studenti 55,3 sono donne (dato 2021), nelle università pugliesi, l’anno scorso, il 56,7. Si tratta di un dato strutturale, che si modifica poco nel tempo: è sceso in dieci anni di un punto percentuale in Italia, così anche in Puglia dove nel 2012 era pari a 57,8.

Se invece di coloro che mettono il piede per la prima volta in università si considerano coloro che si laureano, la differenza è ancora più marcata. L’ultimo dato reso disponibile dall’Agenzia Nazionale della Valutazione Universitaria nel Focus 2023. Analisi di genere, presenta per l’anno 2021 la cifra di 57 dottoresse su 100 dottori, mentre in Puglia questo ratio sale addirittura al 65%! Praticamente 2 laureati su 3 nella nostra regione sono donne.

A cosa è dovuta questa differenza? Numerose ricerche hanno ormai consolidato l’analisi attorno a tre fattori: una migliore scelta da parte delle ragazze del corso di studi da intraprendere e quindi un minor tasso di abbandono, più proficui risultati scolastici di ingresso nell’università, una minore propensione delle ragazze ad abbandonare gli studi e a entrare nel mondo del lavoro. Quest’ultimo fattore spiega come la femminilizzazione superiore alla media nazionale del corpo studentesco pugliese sia il sintomo anche di una debolezza, e uno specchio delle differenze nel mercato del lavoro regionale.

Il tasso di occupazione femminile in Puglia è infatti, del 35,5%, decisamente più basso di quello nazionale (52,7%) e di quasi 30 punti inferiore a quello maschile (dati Ufficio statistico Regione Puglia).

Che la differenza di genere e la permanente prevalenza delle iscritte sugli iscritti non sia un buon segnale è confermato dai dati del Politecnico di Bari, che possono essere considerati un buon indicatore di coloro che seguono le discipline cosiddette STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Si tratta dei settori trainanti la ricerca e l’innovazione tecnologica, nei quali però il tradizionale gender gap è più marcato, che aprono cioè a mestieri più spesso considerati «da uomini» che non «da donne». Università e ministeri hanno promosso specifici programmi per promuovere l’iscrizione anche delle diplomate, e non solo dei diplomati, in questo indirizzo di studi. Con risultati che però nella nostra regione non sembrano confortanti: se nell’anno accademico 2012/13 le iscritte al Politecnico erano il 35,1% (420 su 1475) nel 2022/23 – ultima rilevazione disponibile su Opendata MUR con i dati ripartiti per genere – erano il 32,2% (556 su 1791).

Un discorso più ampio si apre poi sulla relazione tra calo demografico della natalità, numerosità delle coorti di diciannovenni che si possono potenzialmente iscrivere all’università, e immatricolazioni. Ci sarà modo di ritornarci.

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