L'analisi
Uranio, affari, inquinamento: il lato oscuro dell’opzione nucleare
Questi son stati i giorni della Conferenza per Clima di Dubai, ma non mancano diverse perplessità su vari aspetti, a iniziare dalla semplificazione sul dibattito intorno al nucleare
Questi son stati i giorni della Conferenza per Clima di Dubay, ma non mancano diverse perplessità su vari aspetti, a iniziare dalla semplificazione sul dibattito intorno al nucleare. Probabilmente non è il caso di impostare tutto il discorso sul giusto o sbagliato: in tal senso meglio lasciare ampia riflessione agli esperti (che pure sono abbastanza divisi). Cerchiamo, però, di riflettere sugli affari dietro il tema nucleare e anche su ulteriori questioni ambigue, così come sono state sollevate da alcuni attivisti per il clima. Iniziamo questa riflessione a partire dagli affari francesi. Il viaggio del presidente francese Macron in Asia centrale, ad esempio, svoltosi il mese scorso, ha posto sotto la lente, nuovamente, gli interrogativi sulla questione degli approvvigionamenti energetici e sulle nuove vie per il reperimento del petrolio slegate dalla Russia. La Francia è il quinto maggiore investitore in Kazakistan, davanti alla Cina, soprattutto dopo il coinvolgimento del colosso energetico Total nel progetto del giacimento di Kashagan. Il fatturato commerciale tra Francia e Kazakistan ha raggiunto, lo scorso anno, oltre cinque miliardi di euro. Dalla Russia non sono giunti, sull’accordo, commenti negativi e, anzi, il Cremlino, ricordando gli storici rapporti con quella regione, ha comunque sottolineato, attraverso il portavoce di Putin, come ogni Stato, nella sua sovranità commerciale, sia libero di perseguire gli interessi economici più vantaggiosi. Questi almeno i commenti ufficiali, che però lasciano spazio a dubbi ufficiosi rispetto alla geopolitica dell’energia, che, peraltro, sembra mettere il Kazakistan in una posizione scottante. Come detto più volte, la questione della dipendenza energetica da Paesi di stampo autoritario solleva sempre perplessità. Slegarsi dalla Russia per fare affari con altri governi molto equivoci sul versante dei diritti? Sembrerebbe un cane che si morde la coda. Il tema, fin qui già abbastanza delicato e sfaccettato, non è, però, tutto qui e, soprattutto, non riguarda solo la geopolitica e le nuove vie dell’energia.
L’altro punto dolente riguarda le miniere di uranio, in quanto il Kazakistan fornisce il 40% del fabbisogno di uranio della Francia per mantenere attive le centrali nucleari; a loro volta, i francesi garantiscono supporto tecnologico in materia di smaltimento delle scorie e di estrazione. L’interrogativo più ovvio deriva dal fatto che la dipendenza dall’uranio (per quella che sarebbe eventualmente l’energia pulita del nucleare) crea, nei fatti, ulteriore dipendenza da luoghi della Terra molto complessi negli equilibri interni. Non è ancora tutto qui e le voci si sono fatte sentire anche dai giovani ambientalisti del Niger, proprio perché da lì, per moltissimo tempo, è stato estratto l’uranio destinato all’energia nucleare. Come ben noto, dopo i fatti politici recenti nel colpo di stato in quella zona, gli accordi francesi sull’uranio sono stati interrotti. Gli attivisti africani hanno voluto ricordare, per ora ancora in sordina visto che gran parte della stampa si cura ben poco degli attivisti africani, come questa estrazione sia stata una condanna per diverse zone del continente africano (non solo per il Niger, ma anche per il Mali e il Burkina Faso). Intanto va detto che le scorie derivate da questa estrazione mettono in evidenza i lati oscuri di questa produzione energetica: l’inquinamento dei luoghi da cui si preleva l’uranio e le difficili condizioni di lavoro di chi opera in quelle miniere.
I bravissimi colleghi di GreenReport, proprio in queste ore, hanno aggiunto, ascoltando gli ambientalisti francesi, che – nonostante alcuni giornali hanno presentato Zuuvch-Ovoo come «una delle miniere di uranio più importanti del mondo» e come l’azienda Orano (che ha stretto l’accordo in Asia) si autodefinisce «un attore minerario responsabile», sottolineando come la zona, per esempio mongola, sarà una notevole protagonista nello sforzo globale sul clima - i dati ufficiali contraddicono tutte queste dichiarazioni. Il giacimento, in questa nuova area, prevede una lavorazione ben più inquinante di quel che si dice, anche più inquinante dei metodi utilizzati dalla Francia in Niger. È stato, infatti, osservato che il contenuto particolarmente basso di uranio «asiatico» richiederebbe un processo di estrazione molto specifico, che non è l’estrazione mineraria comunemente intesa, ma è un processo più articolato chiamato ISR (recupero in situ), attivato con una dissoluzione chimica che produce scorie radioattive. Siamo sicuri che la Cop28 ci abbia messo sulla strada giusta?