L'opinione
Politica e magistratura: necessario trovare una sintesi di buon senso
È di recentissima cronaca il battibecco, per ora possiamo chiamarlo così, tra un esponente del governo e la magistratura italiana che si è sentita evocata in causa a motivo di osservazioni fatte dal Ministro della Difesa
L’un contro l’altro armati, di manzoniana memoria. Ma qui non si tratta di due secoli contrapposti perché uno illuminista e l’altro restauratore, né tantomeno devono entrambi voltarsi sommessi a chicchesia, aspettando il fato, perché stiamo parlando di poteri dello Stato che, se non assicurano un certo grado di collaborazione tra di loro, un conflitto e/o un disordine costituzionale sono assicurati.
È di recentissima cronaca il battibecco, per ora possiamo chiamarlo così, tra un esponente del governo e la magistratura italiana che si è sentita evocata in causa a motivo di osservazioni fatte dal Ministro della Difesa che, non soltanto, ha suscitato la sua conseguenziale reazione, ma ha anche portato a riproporre una questione forse non del tutto sopita, atteso che ciclicamente torna alla ribalta, della necessità di effettuare test psico-attitudinali per i magistrati da inserire nella riforma della giustizia.
Ora che posizioni non perfettamente in linea con quelle più o meno corali possano non essere accettate, è indubbio, ma che da qui si parta per provvedimenti che hanno dell’estremo, sembra un tantino eccessivo.
Ma, in disparte questo fatto che è soltanto uno dei punti, il vero problema in occasione della riforma è il rapporto che deve intercorrere tra magistratura e decisore politico per attuare una vera revisione della giustizia che, ricordiamoci è un servizio che si offre alla collettività.
A margine di un recente convegno dall’evocativo termine «insieme», coniugato a Giustizia la posizione chiaramente indicata in merito da uno dei relatori, non soltanto al momento dell’intervento, ma vieppiù ribadito anche in sede di intervista, ci offre l’occasione per fare adeguatamente il punto della situazione.
Il relatore Fulvio Baldi ha circoscritto e precisato con chiarezza il nocciolo della questione per renderla fruibile anche ai non addetti ai lavori che, magari, non seguono il convegno, ma che poi però sono i fruitori finali del servizio offerto.
«Il problema è che i ritocchi alla giustizia devono essere fatti insieme, non ci devono essere polemiche tra magistratura e politica. Ognuno ha un suo ruolo, ognuno deve avere un dialogo con l’altra parte, ma nel rispetto dei ruoli costituzionali».
Queste le parole di chi per essere in servizio alla Procura generale preso la Corte di cassazione è indubbiamente un addetto ai lavori che quotidianamente, come i restanti rappresentanti della magistratura, è esposto alla necessità di fornire al meglio il servizio alla collettività.
Questo ci consente di concordare sul metodo da seguire per intraprendere quella riforma da più parti evocata, non già con metodi affatto produttivi come lo scontro continuo sulla maggior parte dei punti, ma sulla condivisione del metodo emendativo.
Lo scontro a nulla porterebbe – come, peraltro, insegnano precedenti tentativi di modifica naufragati poi nel nulla – perché ognuno dei due poteri possiede posizioni e strumenti differenti da poter usare, magari in danno dell’altro e non proprio a quei fini di efficacia che l’intero sistema giustizia deve garantire.
E la garanzia non è, certo, da intendersi a tutela dei rappresentanti dell’organo magistratuale – che pure, comunque, deve essere ricompreso – bensì del prodotto che si fornisce al Paese intero.
È evidente che la decisione ultima è del potere politico che confeziona le leggi che i magistrati si troveranno poi ad applicare, a volte tra mille difficoltà e che allo stesso è intestata la possibilità di operare una riforma dell’intero sistema giustizia che può essere foriera di incomprensioni proprio con quella collettività amministrata la quale raramente, ad esempio, riesce appieno a comprendere cose che, se non si è addetti ai lavori sfuggono, come i correnti uxoricidi, ormai diventati quotidiani frequentatori delle patrie galere, che dopo aver scontato una manciata di anni guadagnano la libertà lasciando a scontare l’ergastolo figli e parenti delle vittime.
Quindi, non scontro, ma ascolto.
Quel passo indietro evocato da Baldi, quel sedersi al tavolo delle trattative senza che ciò si percepisca come difesa ad oltranza di privilegi personali che peraltro non esistono, né in forma individuale, né di categoria, ma compartecipazione ed individuazione dei problemi effettivi per addivenire a qualcosa di effettivamente valido sul piano dell’efficienza. Assicurare, al contempo, efficienza e garanzie.
Non l’una o l’altra alternativamente, ma entrambe all’unisono per giungere ad una sintesi felice che porta alla qualità del sistema, unica chiave per avere anche strumenti efficienti e prodotti comprensibili dai più.
Qualità ed equilibrio in aspetti fondamentali che sono stati anche elencati con riferimento ad alcuni istituti di rilievo penale, ma che si sublimano nel più rilevante ed assorbente della tipizzazione delle norme, atteso che la giustizia non è solo penale.
Ricordiamo, infatti, che se il penale può apparire il più manifesto ed ampio per la destabilizzazione dell’ordine costituito da parte degli autori dei vari reati, esistono anche quello civile che comporta applicazioni di sanzioni quali restituzioni e risarcimenti per i danneggiati; quello amministrativo un po’ a cavallo tra i due che si definisce con una sanzione amministrativa e, non ultimo l’illecito amministrativo-contabile che per rappresentare un vulnus alle risorse pubbliche, quindi della collettività, ha bisogno di una normativa altrettanto chiara, ponderata e condivisa, atteso che i beni comuni non meno di quelli individuali hanno bisogno di essere tutelati proprio perché appartenenti pro quota ad ognuno di noi componenti la collettività amministrata.
Non una res nullius, come dicevano i latini, ma una res communis omnium per la quale esiste un organo appositamente previsto da oltre 150 anni che è la Corte dei conti, che opera accanto agli altri giudici penali, civili, amministrativi preposti alle differenti branche del diritto e delle sue violazioni, ma pur sempre al servizio della collettività per assicurare il quale è necessario disporre di strumenti agili ad applicarsi e facilmente comprensibili dagli attori delle svariate vicende.