Il commento
Le paure sono immotivate, l’intelligenza artificiale non ruberà il lavoro
L’uomo sottovaluta se stesso e le proprie capacità. Non bisogna cedere agli allarmismi
Perché abbiamo tutta questa paura che l’Intelligenza Artificiale (IA) ci rubi il lavoro? Una paura alquanto infondata, che affonda le sue radici nella finzione, da opere letterarie a quelle cinematografiche. Il mondo dell’intrattenimento ha sempre descritto l’IA come un potenziale nemico della razza umana, basta pensare a film come The Matrix, Io Robot, Ghost in the Shell, L’Uomo Bicentenario, oppure il più recente M3gan. Tutte opere che descrivono l’IA come una tecnologia senziente, con una coscienza - nel bene e nel male.
Recentemente girava online un video di un robot davanti a uno specchio, pieno di stupore nel vedersi per la prima volta e dunque nel riconoscersi. Il robot metteva in scena un teatrino, dove accarezzandosi la faccia, sembrava sorpreso di vedersi e riconoscersi nell’immagine riflessa sullo specchio. Ci facciamo influenzare dai romanzi, i film e i video online, ignorando il fatto che in realtà l’IA e i robot hanno le stesse emozioni e coscienza del vostro frullatore o del vostro software di contabilità.
Ma non è solo questa ignoranza tecnica che ci porta a temere che l’IA ci ruberà il lavoro. Il vero problema è che ci sottovalutiamo come esseri umani. Sì, le macchine possono svolgere con precisione compiti ripetitivi e procedurali, ma non possono eguagliare l’unicità dell’esperienza umana, la comprensione del contesto, la creatività e soprattutto l’empatia. I robot non possono provare o comprendere emozioni, né possono emulare il tocco personale di un umano. Ad esempio, mentre un robot può essere programmato per svolgere compiti amministrativi in un ospedale, non può eguagliare la capacità di un infermiere di fornire conforto e comprensione a un paziente. Allo stesso modo, un insegnante-robot può essere in grado di insegnare matematica, ma non può comprendere le sottili sfumature emotive di un bambino.
Dovremmo iniziare a guardare l’IA e i robot non come minacce, ma come strumenti che ci aiutano a diventare più produttivi. I robot possono assumere compiti ripetitivi o pericolosi, consentendo agli esseri umani di concentrarsi su compiti che richiedono pensiero critico e interazione umana.
Pensate, ad esempio, al settore sanitario. L’IA non sostituirà i medici, ma può aiutare a rilevare malattie come il cancro in una fase precoce, analizzando le scansioni e i risultati dei test molto più velocemente di quanto un essere umano potrebbe fare. Questo permette ai medici di dedicare più tempo alla cura dei pazienti, piuttosto che alla diagnosi. Non solo, producendo più dati da poter analizzare, ci sarà più spazio per la ricerca.
Certo, è inevitabile che l’introduzione dell’IA comporterà cambiamenti nel panorama del lavoro. Alcuni lavori saranno ridimensionati, mentre altri emergeranno. Ma questa non è una novità. La storia è costellata di momenti in cui nuove tecnologie hanno rivoluzionato il mercato del lavoro.
Eppure, in ogni fase, l’umanità ha sempre trovato un modo per adattarsi e prosperare.
Un esempio emblematico è rappresentato dalla Rivoluzione Industriale. Con l’arrivo delle macchine a vapore e dei telai meccanici, il bisogno di lavoro manuale nell’industria tessile e in altri settori ha subito una drastica contrazione. L’artigianato ha patito un duro colpo, ma al contempo sono sorti nuovi ruoli nelle fabbriche, aumentando la produttività. Un altro momento cruciale è stato l’avvento dell’era digitale. L’introduzione dei computer ha reso obsoleti alcuni lavori legati alla gestione di dati e informazioni, mentre sono emersi nuovi mestieri legati alla programmazione, all’analisi dei dati e all’ingegneria del software.
La tecnologia non riuscirà mai a replicare l’abilità innata degli esseri umani di adattarsi e reagire a situazioni inaspettate. Anziché temere l’IA, dovremmo abbracciare le opportunità che offre.
L’educazione e la formazione devono adattarsi per preparare le future generazioni a lavorare al fianco dell’IA, piuttosto che contro di essa. E allo stesso tempo, dobbiamo dedicare più attenzione allo sviluppo di abilità unicamente umane come il pensiero critico, la creatività e l’intelligenza emotiva. Dunque, non sottovalutiamoci come esseri umani. Soprattutto, non sopravvalutiamo l’IA.