Il ricordo

«Capitano, mio capitano», Vialli per sempre nel cuore del popolo bianconero

Roberto Savino

Perché lui, oltre all’impronta di quanto fatto sul rettangolo verde, ha lasciato in quella squadra e società, la Juventus, un’eredità chiamata anima

Roberto Savino, avvocato barese, per Ultra edizioni ha scritto i libri «Alex Del Piero minuto per minuto», «Imbattibili», «Incontentabili» e «Strepitosa Juve». Per Invidia Libri ha pubblicato «Poker bianconero», «Travolgenti» e «Tu SEI leggenda». Ecco un suo ricordo di Vialli

Se di Vialli conosci poco o nulla, al di là della maglia, il consiglio è di rivederti giusto gli ultimi diciotto minuti di una memorabile Juventus-Fiorentina del dicembre 1994, a sei giornate dalla conclusione del girone di andata e con i bianconeri che (con un derby da recuperare) soffiano sul collo di un Parma lanciato in classifica. La Juventus ha dominato la partita pur essendo incerottata oltre misura, è reduce da una partita di coppa, ha subito evidenti torti arbitrali, si ma tanto non ci crederete, e si trova sotto di due reti, mentre il Parma vola e passeggia sul Brescia. Molti si sarebbero arresi, tanti avrebbero lottato, qualcuno ci sarebbe anche riuscito, Vialli ha azzannato ogni attimo fuggente di partita, trascinando i suoi all’impresa.

Perché Stradivialli da Cremona (cit.), dopo averci provato e riprovato, inzucca con potenza il traversone di Ravanelli e accorcia le distanze al minuto 72, ma quasi non esulta, perché il suo compito, ora, è solo quello di strappare la sfera dalle mani del portiere e riprendere quanto prima il gioco. Quattro giri di lancetta e su una palla vagante in area, addomesticata col petto sempre da Penna bianca, il numero nove stoppa la sfera e in torsione gli soffia sopra quel tanto che basta per spiazzare Toldo.

È l’apoteosi, l’attaccante è sommerso dai compagni di squadra in festa, ma anche stavolta il suo obiettivo è già cambiato, così si divincola con forza dalla stretta e corre con decisione verso il centrocampo, pugni serrati e urla di incitamento che no, il 2 a 2 non vale nulla. Il capolavoro del giovane Del Piero è quello che al minuto 87 scriverà la storia, ma la tavola apparecchiata dall’indomito Vialli, non soltanto con le reti ma con il suo comportamento, ne è stato il necessario presupposto.

Perché, per dirla alla Roberto Beccantini, «Vialli è l’incudine su cui forgiare una squadra». Per quello Lippi, giunto a Torino, nel pieno di una rivoluzione tecnica, ha preteso rimanesse dopo le stagioni in chiaroscuro con il Trap (anche per via di infortuni e un ruolo spesso discutibile) e lui ha risposto presente, sfoderando una stagione preziosa e indimenticabile, vertice offensivo di un tridente amalgamato alla perfezione; la freschezza e il talento (ma non solo) del giovane Del Piero, unita alla cazzimma (ma non solo) di Ravanelli e Vialli. Ed infatti, è inutile aggiungere che alla fine del torneo saranno i bianconeri a trionfare, spezzando così un digiuno di otto lunghi anni che, da quelle parti, somigliavano, come somigliano, all’eternità.

Ma il compito Gianluca lo porterà a termine nella stagione seguente, quella che consegnerà ai posteri una squadra fantastica, un misto con pochi eguali di talento e abnegazione, di spirito combattivo e di sacrificio, voglia di farcela e determinazione. Caratteristiche, queste, non a caso tutte presenti nel «Capitano». Lui, certo, e la Juve lo sapeva, aveva uno stecchino piantato di traverso che andava assolutamente rimosso. Ronald Koeman e il suo Barcellona avevano infranto sul più bello i sogni di una clamorosa Coppa dei Campioni blucerchiata a pochi minuti dai rigori e no, stavolta non può finire così. E il Vialli felice che, fascia di Capitano al braccio, mostra al mondo il suo simpatico diastema dentale e una luccicante coppa dalle grandi orecchie nella magica notte di Roma è la sua personale rivincita, oltre che la foto più bella della storia juventina.

Ecco perché Vialli nell’immaginario bianconero è una vera e propria bandiera, pur non essendola per militanza prolungata. Per quello è giustamente bandiera della Sampdoria, con la quale ha militato per più lungo tempo raggiungendo risultati impensabili. Perché lui, oltre all’impronta di quanto fatto sul rettangolo verde, ha lasciato in quella squadra e società, la Juventus, un’eredità chiamata anima, che ha contaminato tutto l’ambiente e che è rimasta sospesa nello spogliatoio per lungo tempo, incidendo in positivo anche nelle stagioni successive.

La sua malattia e la sua dignità e forza nell’affrontarla l’ho vissuta in silenzio, come ogni tifoso ed ogni volta pensavo a quel Vialli trascinatore che, alla fine, ce l’avrebbe fatta, maledizione. Ma se il calcio è come la vita, forse e purtroppo, non è vero il contrario. Ed ora, mentre va via da questo mondo con il ghigno del professor Keating nel celebre film L’attimo fuggente, sono il primo a salire con le lacrime agli occhi su quel banco per salutarlo con fierezza: «Capitano, mio Capitano».

Privacy Policy Cookie Policy