Il commento
La Cop27 ha fallito: l’uomo impari a essere patriota del pianeta
Dovremmo anzitutto imparare a essere patrioti del nostro Pianeta prima che del nostro Paese, sarebbe un atto d’amore proprio verso quest’ultimo
Il dissacrante attore e comico francese Coluche sosteneva che un ecologista sarebbe divenuto Presidente solo se avessero votato anche gli alberi, la particolare intelligenza dei quali è d’altronde attestata da grandi botanici (come Francis Hallé); e la relativa festa annuale del 21 novembre meriterebbe maggiore risalto per suscitare una sana coscienza ecologica.
Magari, prima o poi, assisteremo alla clamorosa smentita del citato aforisma ma per ora continuiamo a registrare i troppo timidi passi avanti registrati dall’ennesima edizione, questa volta a Scharm el-Sheikh (nota stazione balneare egiziana), della
Magari, prima o poi, assisteremo alla clamorosa smentita del citato aforisma ma per ora continuiamo a registrare i troppo timidi passi avanti registrati dall’ennesima edizione, questa volta a Scharm el-Sheikh (nota stazione balneare egiziana), della
COP 27 (Conference of Parties) l’annuale Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Quella che si tenne a Parigi nel 2015 (la numero 21) aveva suscitato grandi speranze in quanto tutti gli Stati accettarono di collaborare per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi. Si consideri che ogni decimale di grado di riscaldamento causerà la perdita di molte altre vite umane e altri danni ai nostri mezzi di sussistenza. Inoltre, essi si impegnarono ad adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici e a mobilitare i fondi necessari per raggiungere questi obiettivi. Impegni scritti sull’acqua. La COP 27 ha registrato l’ennesimo fallimento, solo parzialmente giustificabile a causa dai guai che ci stanno seriamente affliggendo (dalla guerra in Ucraina alla crisi energetica). In realtà, l’unico risultato raggiunto è basato sul noto principio ambientale «chi inquina paga» e quindi sul riconoscimento a favore dei Paesi più poveri, vittime immediate dei cambiamenti climatici, di un Fondo quale risarcimento per i danni loro prodotti dalla incosciente produzione di emissioni inquinanti da parte dei Paesi cosiddetti sviluppati. I quali, fra l’altro, qualificano spesso «migrante criminale» chi fugge dalla crescente invivibilità di molti territori devastati dalla progressiva distruzione dell’ecosistema.
Eppure, il prestigioso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha riconosciuto che il rimpatrio forzato di una persona in un luogo in cui la sua vita sarebbe a rischio a causa degli effetti negativi del cambiamento climatico viola il diritto alla vita (con un importante riscontro della nostra Corte di cassazione civile con ordinanza del 24/2/2020). La stessa Assemblea generale delle Nazioni Unite, in questa materia certo ben più incisive di quanto riescano a fare riguardo al mantenimento della pace per la quale pur sono nate, lo scorso 26 luglio ha adottato una storica Risoluzione: con essa si riconosce l’accesso ad un ambiente pulito, sano e sostenibile un «diritto umano universale», fondamentale per affrontare la crisi planetaria dovuta a cambiamento climatico, perdita di biodiversità, accumulazione di sostanze inquinanti e rifiuti.
Quindi, l’Ambiente, principale emergenza per l’umanità, è sempre più centro di imputazione di diritti universali cosicché tutto quanto lo riguarda cancella il sovranismo che risulta in palese contraddizione con le azioni necessarie per difendere la nostra Terra. E ciò appare particolarmente vero per una realtà quale l’Unione Europea, non a caso il soggetto politico che maggiormente da anni si spende, pur con i propri limiti, per condurre questa sacrosanta battaglia. Combattere i cambiamenti climatici è divenuto per l’UE un obiettivo specifico e prioritario con il Trattato di Lisbona (2009) e si è rafforzato con il «Green Deal europeo», un pacchetto ambizioso di misure volte a rendere sostenibile l’economia dell’Unione attraverso la transizione ecologica dell’intero territorio. Ciò significa che la neutralità climatica diventa un obiettivo giuridicamente vincolante e che sia le istituzioni dell’UE sia gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutte le misure necessarie per raggiungerlo. Così, a seguito della pandemia si è fatto ricorso ai fondi straordinari stanziati nell’ambito del «Recovery fund», e più in generale del pacchetto «Next Generation EU», per accelerare la transizione ecologica, destinando ai progetti inerenti a tale settore ben il 37% delle risorse totali disponibili anche collegando diritto alla salute e ambiente. Per di più, tutte le misure dei Piani nazionali per la ripresa e resilienza (PNRR) debbono soddisfare il principio di «non arrecare danno significativo agli obiettivi ambientali».
Il carattere vincolante delle norme dell’UE, che alcuni vorrebbero irresponsabilmente eliminare, in questa materia è ancor più decisivo considerato che altrove gli Accordi, pur quando faticosamente raggiunti su base universale, vedono spesso molto problematica l’indispensabile attuazione concreta. È la classica situazione per la quale il fondamentale principio di solidarietà va coniugato anche rispetto alla nostra Terra, l’unica che abbiamo. Dovremmo anzitutto imparare a essere patrioti del nostro Pianeta prima che del nostro Paese, sarebbe un atto d’amore proprio verso quest’ultimo.