La riflessione

Se un terrorista in erba minaccia la strage negli Usa e ha solo 10 anni

Gino Dato

Una favola metropolitana? Nient’affatto secondo il New York Post, che cita fonti della polizia. Il «terrorista in erba», studente di una scuola elementare di Cape Coral, è stato ammanettato e portato via

Non è un war game, compulsivamente smanettato sullo schermo di un dispositivo elettronico, bensì una storia vera. Tanto quanto la strage di qualche giorno fa nella scuola elementare del Texas. Un bambino di appena 10 anni è stato arrestato in Florida per aver minacciato una sparatoria di massa lanciando ripetuti messaggini dal suo smartphone.

Una favola metropolitana? Nient’affatto secondo il New York Post, che cita fonti della polizia. Il «terrorista in erba», studente di una scuola elementare di Cape Coral, è stato ammanettato e portato via. «Non è il momento di agire come un piccolo delinquente, non è divertente. Questo bambino ha lanciato una falsa minaccia e ora ne sta pagando le vere conseguenze», afferma lo sceriffo Carmine Marceno.

Dagli States arriva l’eco di questo fattaccio che, se non si collocasse sulla scia dell’ultima carneficina, potrebbe persino far sorridere. Invece ci fa riflettere, oltre che sul mondo che viviamo, sulla costruzione dei processi formativi, sulle conseguenze di alcuni modelli e sulle responsabilità che noi adulti abbiamo nei confronti dei nostri figli e nipoti, di coloro che dovremmo accudire.

Il primo fenomeno a cui ci fa pensare questo bimbo suggestionato è quello dell’imitazione e dell’emulazione. Sappiamo tutti che la nostra mente e la nostra cultura crescono attraverso l’emulazione: noi sentiamo forte il desiderio, e di conseguenza, proviamo a imitare, eguagliare o superare altri in qualche cosa. Vediamo e vogliamo essere e agire come… specie quando entrano in gioco meccanismi e qualità particolarmente attrattivi e meritori, in un dato momento storico.

Il processo imitativo – è persino superfluo farlo notare – è un processo innato nell’essere umano. Serve al bambino a imparare il linguaggio e a evolversi nel processo di crescita psichica e motoria. L’imitazione e l’emulazione favoriscono l’identificazione, ovvero quel processo psicologico per cui alcune figure dominanti assurgono a modello (genitori, insegnanti, figure di riferimento o personaggi noti).

Che cosa accade quando i modelli e le figure d’autorità discendono da una storia e da una etica radicate nei stessi principi fondativi di un Paese? La risposta è semplice e perfino scontata.

Ma c’è un secondo fenomeno che si collega a quello appena descritto dell’emulazione, ed è la adultizzazione, in virtù della quale noi abbiamo, nello sconvolgimento delle tappe canoniche della nostra vita che un tempo prevedevano infanzia, giovinezza, maturità, vecchiaia, introdotto una sorta di limbo sospeso e sempiterno, l’«essere adulti», che assumiamo per noi stessi e anticipiamo per i nostri figli. Che forgiamo, vestiamo, trattiamo come se fossero già e da sempre adulti.

Tra i due estremi dall’emulazione da un lato e della adultizzazione dall’altro, sballottiamo i nostri figli e nipoti. Per i quali abbiamo poco tempo, poco tempo per parlar loro, per leggere loro, per giocare con loro. Anzi, pensiamo che ce ne voglia sempre meno. Perché tanto crescono, assorbono in fretta, diventano adulti ancora più presto.

La narrazione che li circonda propina micro e macroconflitti, dal personale al sociale al collettivo, racconti che attingono e si confondono con il reale, in una parata di immagini e discorsi e dichiarazioni d’odio. Una polluzione inarrestabile e terrificante.

Negli States così come negli angoli più remoti del mondo.

Privacy Policy Cookie Policy