La riflessione
Caro carburanti: le scelte dei «big» dietro il salasso
Da Biden che sospende le importazioni di petrolio dalla Russia a Putin, con la sua lista di Paesi a cui sospendere le esportazioni
Mentre nel mercato del gas i meccanismi di formazione del prezzo sono meno trasparenti, e quindi più difficili da monitorare, per quel che riguarda il petrolio è più semplice prevedere cosa accadrà a media scadenza, mentre sono più difficili da comprendere i movimenti di breve e brevissimo periodo.
I rialzi degli ultimi mesi, hanno spiegato a più riprese gli esperti, dipendono dalle dinamiche di domanda, offerta e capacità produttiva. Partiamo dall’ultimo elemento.
Molte compagnie petrolifere, impegnate in una complessa transizione energetica, non hanno investito su quello che potremmo definire l'hardware del settore, ossia l'estrazione del petrolio. Dagli 800 miliardi di dollari di investimenti in attività estrattive del 2014, siamo scesi a 350 nel 2021. Si è piuttosto investito nelle rinnovabili, come le pressioni e gli accordi mondiali sull’ambiente richiedevano: ne è derivata una carenza di capacità produttiva rispetto al passato. Un calo significativo, dunque, dell’offerta. E la legge della domanda e dell’offerta non fa sconti a nessuno!
Paradossalmente ancora oggi è la Russia, che ha continuato a puntare sulle estrazioni, che ci sta «aiutando», con il suo ruolo nel cartello Opec+, formato dai Paesi arabi, da quelli centroamericani e dell’est Europa.
È per questo che le affermazioni di qualche giorno fa, prima di Biden che ha sospeso le importazioni di petrolio dalla Russia, e poi di Putin, che ha fatto una lista di Paesi rispetto ai quali sospendere le esportazioni, hanno fatto esplodere i prezzi di gas e petrolio. In una situazione che era già di prezzi crescenti, per l’ipotizzata ripresa del traffico aereo, la fine dell'emergenza pandemica, la ripresa economica generalizzata e la domanda crescente dei giganti asiatici, Cina in testa.
I prezzi al barile di greggio hanno ultimamente raggiunto i livelli record del maggio 2008, superando la quota psicologica dei 130 dollari, con previsioni verso i 150. L’ipotesi di un intervento dell’Opec in sostituzione dell’offerta russa ha raffreddato un po’ i prezzi ma su questa incertezza si sono innestati aumenti alla pompa solo in parte giustificati. Sul prezzo al consumatore incidono certamente, oltre al valore della materia prima, i costi di estrazione, raffinazione, stoccaggio, trasporto e il costo della distribuzione finale. Tutti questi passaggi spingono i prezzi verso l’alto velocemente, mentre quando il prezzo del barile di greggio scende, il prezzo alla pompa si abbassa molto lentamente, come i consumatori sanno bene. Gli economisti usano la metafora della velocità del razzo, per la crescita, e della lentezza della piuma, per la discesa dei prezzi finali.
Anche questa volta è partita la consueta ricerca del colpevole del rialzo dei prezzi dei combustibili. Il primo accusato è lo Stato, e dunque la pressione fiscale sul prodotto. Il secondo imputato è il mercato della distribuzione, accusato di essere troppo capillare ma anche molto concentrato nelle mani di poche grandi imprese multinazionali. Questi due attori – Stato e mercato – agiscono su due aspetti diversi: il livello del prezzo dei carburanti e la sua dinamica. È ben noto che in Italia accise e Iva rendono il prezzo al litro del carburante uno dei più alti d’Europa (siamo secondi solo all’Olanda che però ne fa una politica della mobilità). Quindi, il livello è alto per «colpa» dello Stato. Ma, è bene ricordarlo: è dallo Stato, attraverso la fiscalità, che provengono i sussidi e i ristori che le varie categorie colpite dal decollo dei prezzi petroliferi vogliono ricevere.
La dinamica, ossia l’andamento dei prezzi, è invece influenzata dalle decisioni degli operatori. Il prezzo del carburante aumenta a livello internazionale quando aumenta il costo del petrolio. E la concentrazione dei venditori rende più vischioso il mercato, ostacolando la trasparenza e favorendo la differenza tra la velocità del razzo e la lentezza della piuma.
Negli ultimi anni sono intervenuti nuovi soggetti a rendere il mercato meno sfavorevole per il consumatore, le cosiddette «pompe bianche» e quelle indipendenti, che hanno un effetto calmierante rispetto ai prezzi praticati dalle major dei carburanti. Una ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista internazionale Energy Economics nel 2020 da un gruppo di ricercatori dell’Università di Bari dimostra che una maggiore presenza di questi operatori riduce il prezzo del carburante in un’area fino a 3 km di distanza dai distributori classici. Raddoppiare la presenza di questa tipologia di pompe può, da sola, ridurre i prezzi di quasi il 10%. Non è far prendere alla piuma, cioè alla discesa del prezzo alla pompa, la velocità di un razzo ma è già qualcosa.