L'anticipazione

«Frontiere aperte, i nodi di Giorgia»: ecco un brano in esclusiva del libro di Vespa

Bruno Vespa

Così la Meloni ne : «Il rancore e la speranza», di cui vi diamo un anticipazione

Esce oggi il libro di Bruno Vespa, «Il rancore e la speranza. Ritratto di una nazione dal dopoguerra a Giorgia Meloni, in un mondo macchiato di sangue», 21 euro, 364 pagine.Anticipiamo un brano dal capitolo XI («L’ambizione del primo governo di legislatura»).

Dopo il 7 ottobre e la stretta su Gaza, un terrorista ceceno ha ucciso a coltellate un professore davanti a un liceo nel Nord della Francia (13 ottobre) e un tunisino, già segnalato in Italia dov’era arrivato su un barcone, ha ucciso due turisti svedesi a Bruxelles (16 ottobre). Poiché la frontiera orientale risulta più permeabile, dal 21 ottobre è stato ripristinato il controllo dei documenti con la Slovenia.

«Sappiamo che in questo momento i foreign fighters, i cani sciolti più pericolosi, vengono dall’Est» mi dice Giorgia Meloni. «Perciò abbiamo blindato la frontiera con la Slovenia. È un anno che cerco di spiegare all’Europa che la migrazione illegale in un contesto di crisi è anche un problema di sicurezza, e che c’è bisogno di una migliore collaborazione tra i servizi d’intelligence dei diversi paesi, per stringere le maglie e rimpatriare subito i soggetti più pericolosi.»

«Mi aspettavo di più sull’immigrazione»

Resta la frontiera marittima. Si aspettava di più dalla politica sull’immigrazione?, le chiedo. «Sì, certo, anche se siamo di fronte a un contesto estremamente difficile, direi senza precedenti, tanto per cambiare. Ho promesso che avrei bloccato l’immigrazione irregolare, ci ho lavorato e ci lavoro molto. E posso dire, in cuor mio, che sono certa che se non avessi fatto l’enorme lavoro che ho fatto, soprattutto a livello diplomatico, i numeri degli ingressi sarebbero stati molto più alti…»

Addirittura…

«Sì, perché l’ondata migratoria riguarda milioni di persone. Nessuno può fermarla se non si coinvolgono i paesi arabi e africani interessati. Le faccio un esempio: quando abbiamo scoperto che un flusso importante di migranti arriva dal Bangladesh, via Turchia, ho chiesto al presidente turco Erdoğan di mettere i visti alla frontiera per chi viene da quella nazione, e il flusso è rallentato. Ma in questo contesto, quando si chiude una rotta, se ne apre subito un’altra. Appena rallenta l’ondata tunisina, cresce quella libica. Mettiamoci nei panni del presidente tunisino Saïed. Lui fa quello che può, ma gli entrano in casa 6000-7000 africani al giorno. Sono stata da lui insieme a Ursula von der Leyen e al premier olandese Mark Rutte, che era tostissimo su questo tema. Abbiamo fatto molti passi in avanti con la Tunisia, come dimostrano i numeri delle ultime settimane, ma l’obiettivo è di scongelare gli 800 milioni di aiuti al bilancio tunisino previsti dall’Unione europea, svincolandoli da un accordo tra la Tunisia e il Fondo monetario internazionale, che per ora non vedo all’orizzonte. Questo sostegno forte rafforzerebbe ancora di più la Tunisia e, dunque, la sua capacità di fermare i trafficanti, e forse persino il consenso a un pattugliamento congiunto, che è la condizione base di quello che io chiamo “blocco navale”. Cioè, il problema è che, quando i migranti illegali arrivano in acque internazionali, diventa impossibile fermarli perché c’è obbligo di soccorso. Li puoi fermare quando sono ancora nelle acque del paese di partenza, per questo ho sempre parlato di “una missione navale europea in accordo con le autorità del Nord Africa”, e a questo ancora lavoro.»

Le ricordo che qualcuno ha obiettato che è stato un errore non invitare Francia e Germania alla Conferenza con i paesi africani sull’immigrazione.

«Sono le stesse persone che per decenni hanno detto: vediamo che fanno Francia e Germania e poi decidiamo. A quella Conferenza hanno partecipato gli ambasciatori del G7 e i Med 5 dell’Unione europea, oltre al presidente del Consiglio e della Commissione. Se avessimo invitato alcuni sì e altri no in base ad altri criteri, avremmo fatto arrabbiare tutti. In ogni caso, stiamo allargando la partecipazione sulla base delle nazioni che ci hanno chiesto di collaborare, e mi sto muovendo per un nuovo incontro sul Mediterraneo allargato e per un nuovo rapporto con l’Africa attraverso il Piano Mattei, temi che saranno anche in cima all’agenda del G7 a guida italiana del prossimo anno.»

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