Lo spettacolo

Bari, in scena "Il Colloquio" con 6 personaggi in cerca di lavoro

Claudio Mezzina

Torna a Bari, al Kismet, dopo le repliche al Teatro Vittoria di Roma e in vista delle tappe meneghine del dicembre prossimo, “Il Colloquio – The Assesment”

BARI - “Il Colloquio” è uno scatto nitido; un quadro particolareggiato, minutamente cucito, della vita sdrucita, fatiscente, dell’esistenza dipendente; un perfetto valzer della finzione. Questa è una commedia umoristica che avrebbe potuto scrivere tranquillamente Eduardo De Filippo, e non esagero. In scena, umani al parossismo: precisi, eleganti, performanti, nevrotici alla Zeno ma senza sigarette, mascherati fino all’anima per vincere l’Oscar al miglior attore assolutamente protagonista. Immersi, fino al capo, nel «desiderio mimetico» di matrice girardiana (Renè Girard: antropologo e filosofo francese) in cui l’importante è ottenere ciò che ha l’altro. Un obiettivo senza perché. La critica? Un recruiter, un «sergente di ferro» che di umano ha tutto, ma stipato in un caveau di massima sicurezza. Un tagliateste teso ad esaminare e a decidere il destino di chi ha di fronte, praticamente un semidio.

In scena abbiamo: un eroe tragicamente figlio di mamma; un heideggeriano affetto da usitata logorrea e dotato di una morale «solonica»; una giocatrice d’azzardo in carrozzella; una risoluta estimatrice dei Rolling Stones con la vescica corta; un paneperso con scarse capacità divinatorie e la camicia nera; un ex direttore d’azienda con scarpe ciliegio e, infine, il dott. Armando Martinelli, l’irreprensibile sgozza-aneliti.
L’atto intero si svolge nella «stanza colloqui» di una prestigiosa azienda della quale l’owner è il self-made man Pigi Tempesta, il magnifico, il temibile.

Lo spettacolo è un ripido pendio che scivola nel grottesco più moralmente abietto. Si parte dalla filosofia, Schlegel e l’ironia come «chiara coscienza dell’eterna agilità del caos infinitamente pieno», passando per la buffoneria tutt’altro che misteriosa di Aldo Mascagni, fino alle prime crepe della maschera (la laurea in matematica, celata, della signorina Gaia, ad esempio). La raccomandazione, l’errore, il segreto sepolto. L’ego irrompe e squassa: le prove imposte conducono allo scontro, a fazioni, allo scrupolo inesistente. Alcuni dei personaggi danno le spalle al pubblico, sono seduti di spalle: è giusto. Siamo, siamo stati tutti colpevoli, almeno una volta, di un «mors tua, vita mea». Ti ci costringe il mondo civilizzato? Siamo noi ad averlo «civilizzato» così: degenere. La colpa è di tutti. Le domande, le prove, le tempistiche serrate, i meccanismi: è tutto assurdo. Il riso è forte ma amaro; soprattutto per i giovani, consapevoli di quanto sia reale questa messinscena.

Le pressioni, le scadenze, le aspettative, la follia di un mondo che richiede e non concede. Mascagni spezza le matite quando è nervoso, è la nevrosi in persona: mette in ordine il quadro e le sue cose, disordinandosi pateticamente sempre più, già nell’abisso inesorabile della rabbia disfunzionale da trauma. L’alterazione paradossale della realtà si conchiude con l’ingresso in scena di Pigi Tempesta. Di lì, le cose prendono una piega insanabile, tutto si frantuma. «Nessuno è all’altezza di quello che facciamo. Vince chi nasconde meglio», «in questo mondo la debolezza si paga a caro prezzo»: sentenze che danno il senso di cosa sia la realtà lavorativa odierna. Un guazzabuglio di insensatezza, insostenibilità e lingua inglese. Il finale è il pezzo forte della pièce, con un «Armando!» che capovolge “La Signora delle Camelie” di Dumas in una distorsione alla Schiele e una soluzione animale, di sempre girardiana memoria, al caos creatosi. Un «ostracismo» moderno. Un Aiace tragicomico che, bistrattato fino alla fine, è probabilmente l’unico giusto in quella cricca orrenda: vittima del mondo e di un sé mai conosciuto. Anche la filosofia, nella sua personificazione, alla fine, è aggiogata al terrifico andazzo contemporaneo. L’ultima speranza, andata. Il quadro è in asse. Si assume.

Lo scrittore, nonché regista e attore, Marco Grossi, assistito da Monica De Giuseppe alla regia, ci ha preso alla grande. Cast meraviglioso con: Giuseppe Scoditti, Fabrizio Lombardo, Alessandra Mortelliti, William Volpicella, Valentina Gadaleta, Marco Grossi, Alessandro Anglani e Augusto Masiello, per una produzione Malalingua e Teatri Di Bari vincitrice del bando SIAE Nuove Opere “PER CHI CREA” 2019. Chi è di scena, dunque? A colloquio! Un teatro, questo, che rovescia e ristabilisce.

Privacy Policy Cookie Policy