Televisione

«Che Dio ci aiuti», quelle parole della fiction nate nel Salento

Alessandro Salvatore

Dalla penna di Silvia Leuzzi, 31 anni di Nardò, a capo dell'équipe di scrittura

«Non mi faccia la suora comprensiva che Dio ama tutti, perché i bulli non li ama». Questa è una delle citazioni tratte da Che Dio ci aiuti. Tra i segreti della serie Rai che è divenuta irrinunciabile per una fetta del pubblico italiano (la sesta stagione ha chiuso con 6.113.000 spettatori per il 27.1% di share) vi è la penna di Silvia Leuzzi. La trentunenne di Nardò è a capo dell’equipe di scrittura di questa fiction capace di rendere la figura divina alla portata di tutti. L’opera, come spiega Leuzzi, «è frutto di un lavoro che inizia già nelle writers’ room, dove ci chiudiamo per settimane per ideare la storia da zero, per poi arrivare alla fase di scrittura vera e propria che, giorno dopo giorno, emozione dopo emozione, si riempie di scene e dialoghi, fino a diventare la sceneggiatura di un episodio. Come capo scrittura di Che Dio ci Aiuti ho il compito non solo di creare la storia e di scrivere la sceneggiatura, ma mi occupo anche di supervisionare il lavoro degli autori esterni per assicurarmi che venga rispettata un’unità di linguaggio». Leuzzi, così, collabora nella creazione del prodotto-serie «con Francesco Vicario per gli aspetti della regia, leggo i copioni con gli attori prima di iniziare le riprese. Insomma seguo l’intero processo creativo. Ci tengo però a sottolineare che il nostro è un lavoro di squadra. Per questo posso affermare che io, Umberto Gnoli (co-headwriter), Sabina Marabini (storyeditor) e Elena Bucaccio (capo della fiction LuxVide) siamo le «mani» che danno vita a Che Dio ci Aiuti».

Lo storytelling cinematografico è diventato strategico, misurato in termini di spettatori sullo streaming globale. Per tale ragione Leuzzi si ritiene «orgogliosa» delle scelte formative fatte che, dalla laurea in Scienze e Tecnologie delle Arti e dello Spettacolo al Corso di Alta Formazione in Scrittura per la fiction e il cinema, l’hanno spinta ad essere una delle risorse della Lux Vide, società di produzione leader sul mercato italiano dello scripted. «Il corso di laurea in Scienze e Tecnologie delle Arti e dello Spettacolo - spiega la sceneggiatrice - mi ha permesso di scoprire un mondo che conoscevo superficialmente e di individuare al suo interno quale potesse essere il ruolo più adatto a me. Il master in Scrittura per la fiction e il cinema, del Prof. Armando Fumagalli, è stato però il trampolino per il lavoro. Ho studiato con i più importanti professionisti del settore audiovisivo, italiani e americani. È stato proprio durante un’esercitazione di scrittura che Mario Ruggeri, autore di fiction di successo, ha apprezzato una mia sceneggiatura, tanto da fare il mio nome in Lux Vide. Non avevo ancora terminato il Master, che avevo già un primo contratto con questa grande realtà. Nel giro di qualche anno sono diventata non solo sceneggiatrice ma anche capo scrittura, di Che Dio ci Aiuti e di altre serie attualmente in produzione. Per questo sarò sempre grata a Luca Bernabei, l’Ad della Lux Vide, e a Elena Bucaccio, mia maestra sul campo, che mi ha passato il testimone dell’amata Che Dio ci Aiuti».

Dalla serie sulle suore che avrà la sua settima stagione a Don Matteo per Rai Uno e sino all’Isola di Pietro per Canale 5. La sua penna ha sinora sfornato trame per tredici stagioni. Dove trova l’ispirazione Silvia Leuzzi? «Credo che la creatività sia qualcosa di innato - risponde la pugliese -. Io ho sempre inventato storie, sin da bambina, mi viene naturale. Per esempio in questo momento sto scrivendo un episodio per Doc, il medical drama Rai, mentre sono capo scrittura di una nuova fiction Mediaset, che mescola commedia e giallo. Ecco, nei momenti di difficoltà il mio principale supporto sono le persone, perché il mondo è pieno di storie. Basta guardarsi intorno e saper ascoltare». «Andare via a volte è facile, non sai quello che ti riserverà il futuro... tornare invece è molto più difficile». Uno dei monologhi che fanno di Angela, alias Elena Sofia Ricci, la suora più amata dagli italiani, spingono a leggere la storia di Leuzzi, uno dei tanti talenti pugliesi costretti ad emigrare per diventare qualcuno: «Tv e cinema sono una realtà lontana dalla mia terra. Quindi nel mio caso, e probabilmente nel caso di altri giovani, è stato obbligatorio partire. Ma con me mi porto qualcosa di noi, gente del Sud, che ci rende allo stesso tempo speciali e uguali».


Per chi scrive all’ombra di un’opera cinematografica, la gloria potrà arrivare solo quando la virtù viene riconosciuta da un premio, come un David o addirittura un Oscar. Ma Leuzzi pensa questo: «Io cerco di vincere un altro premio, che forse non luccica allo stesso modo ma è ugualmente importante: il cuore delle persone che seguono le mie storie. Entrare nelle loro case e riuscire a portarci un’emozione. Non è già questa una vittoria?

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