Serie B
Bari, Caserta traballa: il destino in due partite
I biancorossi non solo giacciono al penultimo posto con soli due punti e a secco di vittorie, ma soprattutto non danno segni di risveglio
Due partite per tenersi stretto il Bari. O forse addirittura una sola. Ora davvero non si può più giocare con il fuoco. Perché i biancorossi non solo giacciono al penultimo posto con soli due punti e a secco di vittorie, ma soprattutto non danno segni di risveglio. Domani la trasferta a Chiavari con l’Entella, sabato il Padova al San Nicola: se non arriverà la svolta auspicata, la seconda pausa di campionato porterà forzatamente a riflessioni molto approfondite. Ma attenzione: perché difficilmente potrà essere digerito anche un nuovo passo falso. Il viaggio in Liguria, insomma, potrebbe già generare risposte.
Fabio Caserta inevitabilmente è sul banco degli imputati: come sempre accade in questi casi, l’allenatore rischia di pagare per primo. Eppure, sarebbe ingeneroso addossare ogni responsabilità al tecnico calabrese. Oggi il Bari appare un agglomerato di calciatori tecnicamente validi, ma privi di peculiarità imprescindibili in B: corsa, ritmo, intensità e solidità. Ebbene, su tali principi, Vicari e compagni stentano ad ingranare. Lenti, compassati, a volte persino poco reattivi sul piano agonistico. La squadra appare timida e spaventata: non difende con spirito battagliero e non attacca con convinzione. Il dubbio più preoccupante è che tali caratteristiche possano addirittura mancare nell’organico pugliese. Così come alcuni reparti appaiono evidentemente corti alla luce delle ultime variazioni di modulo. È bastato il solo infortunio di Vicari a generare un’autentica emergenza in difesa. Con la Sampdoria è cambiato tre volte il vertice del pacchetto arretrato: da Vicari a Meroni, fino a Nikolaou. Il giovane Kassama non era nemmeno in panchina per la seconda volta di fila: decisione tecnica oppure intoppi fisici? Una cosa in ogni caso è certa: da terza o quarta scelta nel poker di centrali, ora rischia di trovarsi in prima fila. Così come chiudere con l’inedito terzetto Pucino-Nikolaou-Burgio offre un’idea nitida delle soluzioni limitate nel settore. D’altra parte, i Galletti, nel la composizione dei due elementi per ruolo, erano stati progettati sul 4-3-3. Il 3-5-2 (o variabili sul tema) pareva un piano remoto che ora apre evidenti lacune. Discorso analogo riguarderebbe l’attacco: appena tre le punte pure (Gytkjaer, Moncini e Cerri che sabato scorso non figurava nemmeno tra i convocati) ed una batteria di esterni e trequartisti (Partipilo, Antonucci, Sibilli, Rao, Gaston Pereiro) che dovrebbero riciclarsi in prima linea garantendo anche quel bottino di reti raramente prodotto nella loro carriera. Insomma, un puzzle di difficile composizione se spostato dalla matrice originaria.
Sarebbe opportuno ascoltare il pensiero dei direttori sportivi Giuseppe Magalini e Valerio Di Cesare, convinti di aver assemblato un gruppo ricco di talento, pronto per un campionato d’alto rango. Dopo un mesetto, il distacco dal terzetto di testa è di addirittura di nove lunghezze, quello dalla zona playoff di cinque.
I numeri sono emblematici. Nove gol subiti, la penultima difesa della B, al pari della Sampdoria. Peggio si è comportato soltanto il Mantova con undici reti incassate. I pugliesi non contano nemmeno un clean sheet in cinque turni ed in ben tre occasioni hanno subito più di un gol all’interno degli stessi 90’. Una la costante a cui non si pone rimedio: ovvero, il puntuale svantaggio. Il Bari è andato sotto cinque volte su cinque e soltanto in due occasioni (con Monza e Sampdoria) ha raddrizzato il match sul pari. Soltanto a Palermo ha chiuso il primo tempo senza reti al passivo. Chiaro il segnale di un complesso fragile, insicuro, spesso colpito alla prima offensiva rivale. Ma non va meglio nemmeno sull’altro fronte. Appena tre i centri messi a segno, come la Sampdoria e peggio soltanto dello Spezia a quota due. I pugliesi palesano affanni anche sugli indici di pericolosità, sulle azioni create, sui tiri complessivi e su quelli nello specchio della porta. Come Empoli, Mantova e Spezia, inoltre, hanno portato appena due calciatori a segno, il minimo in serie B. Insomma, tutti i parametri segnano un’evidente regressione rispetto agli sprazzi incoraggianti intravisti contro il Monza. Il gruppo è impantanato e, malgrado le dichiarazioni sulla convinzione di un potenziale di spicco, non mostra nemmeno uno spiccato furore agonistico. L’inspiegabile finale contro una Sampdoria modesta ne è ampia dimostrazione: non un tentativo di forcing, nemmeno con la forza della disperazione. O con la «sporcizia e cattiveria» invocata da Caserta alla vigilia. Un piattume totale ha prodotto la prova giustamente bocciata dai fischi del San Nicola.
Agli alti piani del club, al momento il problema non si pone. Nel senso che Fabio Caserta è stato scelto con convinzione e non si vorrebbe tornare indietro. Tutti auspicano la boccata d’ossigeno che cambierebbe scenario. Impossibile, tuttavia, non valutare il piano alternativo. Che, logica alla mano, porterebbe a richiamare Moreno Longo, sotto contratto fino a giugno a cifre tutt’altro che risibili. Vero è che il tecnico piemontese lo scorso anno ha fallito l’obiettivo annunciato dei playoff, ma forse la sua concretezza e la solidità espressa per gran parte della scorsa stagione potrebbero rappresentare una prima panacea. Non è un mistero, tuttavia, che la separazione non sia stata indolore: Longo non ha nemmeno rescisso il suo vincolo come forse la proprietà avrebbe auspicato, né è sembrato davvero in sintonia con la direzione sportiva. Eppure, con un budget limitato da rispettare, apparirebbe quasi incoerente la decisione di mettere un terzo tecnico a libro paga. Così come il panorama dei «prendibili» non si presenta certo così vasto In estate, Alessandro Nesta non aveva sposato il progetto barese: nel frattempo non ha trovato collocazione, ma è improbabile che accetti la sfida ora, in condizioni oggettivamente complesse. L’altro profilo apprezzato era Roberto D’Aversa, considerato, però, poco raggiungibile per gli alti parametri d’ingaggio. Teorici «top» come Fabio Pecchia o Federico Dionisi (reduce, però, da una deludente stagione a Palermo) viaggiano su emolumenti fuori portata. Altri profili sarebbero Leonardo Semplici (che, però, ha steccato con la Sampdoria) o Luca Gotti, reduce da un torneo poco brillante a Lecce. Forse non è ancora il tempo del «toto nomi». A patto di scacciare immediatamente fantasmi che cominciano a fare paura.