serie b

La ripartenza: i nuovi scenari del Bari, gradimento alto ma occhio agli «eccessi»

antonello raimondo

Del nuovo Bari piace la capacità di reazione. La squadra non si smonta alle prime difficoltà e cerca sempre di proporre la propria idea di calcio. Ed è un dettaglio importante

In estate succedono cose «strane». Soprattutto quando alle spalle ci sono appena due giornate di campionato. Ad agosto il bicchiere a metà è quasi sempre pieno. Anche con un solo punto all’attivo. Succede che, dopo annate tribolate, venga più comodo guardare a quello che ha funzionato... cancellando tutto il resto. La depressione che fa strada alla fiducia. Troppa voglia di cavalcare l’onda dell’ambizione. E di riscoprirsi tifosi a tutto tondo. Al diavolo la multiproprietà, le contestazioni e i propositi di diserzione. Ci sta, per carità. In estate, sì.

La sconfitta a Venezia, nella notte dell’esordio, e il pareggio di domenica sera contro il Monza in un «San Nicola» tutt’altro che vuoro (abbonati e biglietti venduti a quota 15 mila, assolutamente non poco in una piazza ufficialmente sul piede di guerra. Anzi...). Sono arrivati segnali incoraggianti, va detto. I tre attaccanti, i piedi buoni di Verreth, l’energia di Pagano, il marchio offensivo dei due esterni «bassi», Dickmann e Dorval. Squadra a trazione anteriore, insomma. Più convincente sul piano tecnico rispetto a un anno fa. Anche per merito di due avversari che non hanno alzato le barricate. Un po’ per filosofia di gioco e tanto per un atteggiamento figlio delle scorie legate alla retrocessione dalla serie A.

Del nuovo Bari piace la capacità di reazione. La squadra non si smonta alle prime difficoltà e cerca sempre di proporre la propria idea di calcio. Dopo un «cazzotto» non porge l’altra guancia. Ed è un dettaglio importante. Calciatori coraggiosi, come chiede con forza mister Caserta. Appena possibile si corre in avanti e se c’è da «abbassarsi» nessuno pensa ci sia da vergognarsi. La filosofia della B è questa, d’altronde. Vincono le squadre che sanno indossare «abiti» diversi. E che sanno «sporcarsi» le mani. In B, spesso, conta più essere granitici che belli. Più essere che apparire. Più correre che specchiarsi dietro una giocata ad effetto.

La concretezza racchiude un po’ tutto questo, a voler guardare le cose con attenzione maniacale. Senza concretezza anche i segnali più positivi rischiano di assomigliare al fumo. E non si tratta di fare i sofisti del calcio. O gli incontentabili di professione. È la storia di questo campionato a ricordarlo, scritta a caratteri cubitale in ogni angolo d’Italia. Giusto, insomma, elogiare il Bari. Ma occhio a non lasciarsi trascinare dalla superficialità. Sottovalutare certe tendenze può diventare pericolosissimo.

Sentir parlare di risultati ingiusti mette, francamente, i brividi. E sapete perché? Erano le cose che ci si raccontava nei primi mesi della gestione Longo. E sappiamo tutti com’è andata a finire. Bari competitivo con le grandi? Era successo anche questo, mesi fa, senza che ne sia derivata una reale competitività per i massimi traguardi (l’unica cosa che conta, nessulo lo dimentichi). Cremonese-Bari, per esempio. E poi le sfide contro Sassuolo, Palermo, Spezia. Partite di un certo tipo sul piano tattico. E su quello delle motivazioni, ai massimi livelli. Nessuna voglia di spegnere gli entusiasmi della piazza e degli analisti. Ma dovranno essere altre le partite in grado di certificare l’ambizione del Bari. Ambizione, occhio. Non bel gioco e nemmeno spettacolo. Qui conta solo giocare per vincere. Tutto il resto interessa molto poco alla gente biancorossa.

Squadra in costruzione, la base di partenza. Ci sono gli slanci che portano a vedere il bicchiere mezzo pieno., Ma anche limiti che chiamano in causa l’equilibrio, alla voce fase difensiva. Va bene il coraggio e la mentalità offrensiva ma è un dato di fatto che il Bari conceda troppa facilità di palleggio agli avversari. Era successo a Venezia (un gol subito in avvio ma poteva scapparci un tris) e si sono viste le stesse cose anche contro il Monza. Basterebbe il gol brianzolo per capire di cosa parliamo. Se, poi, si vuole normalizzare le partenze ad handicap... vuol dire aver poca dimestichezza con il calcio giocato. Il Bari ha mostrato una bella faccia, lo ripetiamo fino all’infinito. Ma definire positive le prestazioni delle prime due giornate è, francamente, un azzardo. Regalare un gol di vantaggio non è propriamente un marchio distintivo di una squadra che punta a frequentare i quartieri alti della classifica. Esattamente come, un anno fa, continuare a sprecare situazioni di vantaggio non è mai stata una sensazione gradevole. In tanti parlavano di classifica bugiarda. Noi, quella classifica, ce l’abbiamo benissimo a mente. Fuori dai playoff. A maggio, non in autunno. O no?

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