il fenomeno
A Mesagne l'ombra della mafia: estorsioni e usura con tassi al 576%, tra gli scommettitori pure un noto sportivo
La radiografia di un territorio dove il confine tra legalità e crimine si è fatto liquido. Tante le storie: il titolare di un lido si sarebbe rivolto alla malavita per proteggere i propri interessi
Non sono solo le carte di un’inchiesta giudiziaria antimafia: è la radiografia di un territorio dove il confine tra legalità e crimine si è fatto liquido. L’operazione dei carabinieri di Brindisi che ha colpito il cuore della Scu mesagnese svela un sistema di potere che non si regge solo sulla forza delle armi ma anche su una fitta rete di complicità, silenzi e convenienze. È la cosiddetta «zona grigia»: quel limbo in cui imprenditori, professionisti e cittadini comuni scelgono di dialogare con il clan, trasformandolo in un’agenzia di servizi alternativa allo Stato. Tutto nasce dalla legittimazione di Tobia Parisi, il reggente che ha saputo tessere alleanze persino dietro le sbarre.
Il «Patto di Voghera», stretto con i brindisini del clan Romano-Coffa durante la comune detenzione, ha consegnato a Parisi le chiavi di un impero illecito esteso su Mesagne, Latiano, Francavilla e Brindisi. Un controllo territoriale talmente capillare da non risparmiare nulla: secondo gli investigatori a Latiano il clan arrivava a pretendere il pizzo persino dal panificio dove lavorava una parente di Parisi, un paradosso che illustra la ferocia di una tassazione mafiosa che non guarda in faccia a nessuno. La zona grigia si nutre di complicità eccellenti. C’è chi, come un imprenditore agricolo, si sarebbe prestato a fornire a Parisi assunzioni fittizie.
Un «favore» che serviva al boss per raggirare l’Inps e giustificare la propria posizione davanti ai giudici, mantenendo una parvenza di onestà mentre coordinava i traffici dal «Free Time Lounge Bar», presunto covo degli affiliati oggi sequestrato. Accanto ai favori amministrativi, il clan si proponeva come un’inquietante banca di ultimo grado per chi restava soffocato dai debiti. Emblematico è il caso di un imprenditore edile di Brindisi. Trovatosi in difficoltà economica, non ha bussato alle porte di un istituto di credito ma a quelle di Tobia Parisi per un prestito di 1.500 euro.
Quello che sembrava un aiuto immediato si è trasformato in un cappio: interessi di 200 euro a settimana, pari a un tasso annuo del 576 per cento. È il volto più cupo della zona grigia: imprenditori che cercano ossigeno nel clan e finiscono per consegnare la propria dignità e le proprie aziende nelle mani della mafia. Ma il clan puntava più in alto, verso il turismo d’élite e il gioco d’azzardo. Emblematico è il caso di un noto stabilimento balneare di Apani, il cui gestore avrebbe chiesto aiuto al clan per dirimere i conflitti con la concorrenza; da lì a poco i criminali hanno avanzato pretese fino a giungere addirittura alla richiesta di subentro nella gestione del lido. E poi c’è chi, come un noto sportivo, avrebbe rappresentato l’anello di congiunzione tra vizio e finanza criminale. Giocatore compulsivo, avrebbe bruciato oltre mille euro al giorno nelle scommesse gestite dal clan. Ma l’ordinanza di custodia cautelare rivela che non sarebbe stata solo una vittima: lo sportivo era indicato dai presunti criminali come finanziatore pronto a mettere i capitali per l’acquisto di nuove sale scommesse che il clan voleva rilevare. Un «investitore» della società civile che diventava il motore economico delle ambizioni della Scu. Se l’economia è il motore, la violenza resta il freno che blocca ogni velleità di denuncia. L’episodio del pestaggio di un paninaro di Brindisi è agghiacciante: attirato in una trappola, colpito selvaggiamente e umiliato con della coca-cola versata nelle orecchie mentre era a terra esanime. Nonostante la brutalità, l’uomo ha scelto il silenzio. Nessuna denuncia, nessuna collaborazione con gli investigatori. È il trionfo dell’omertà, figlia di un assoggettamento psicologico che vede nel clan l’unica autorità, temuta e rispettata più dello Stato.
Dalle discoteche del litorale brindisino, dove si imponeva il pizzo sulla sicurezza e sugli incassi, ai campi agricoli di Mesagne, l’indagine racconta una società che ha imparato a convivere con il mostro. Una zona grigia che non è solo complicità ma una lenta e inesorabile erosione della coscienza civile.