il question time

Il ministro Urso non riaccenderà le centrali di Brindisi: «Carbone solo se necessario»

andrea pezzuto

Il ministro: nessuna intesa con Azione sulla produzione termoelettrica a Cerano fino al 2038. Conferme sull’avanzamento dell’iter che porterà all’insediamento di nuove imprese nell’area

«Sarà realizzata una fermata a freddo delle centrali a carbone finalizzata a garantire la sicurezza energetica nazionale, senza recare alcun pregiudizio all’ambiente, in linea con le misure adottate in altri paesi europei come la Germania». Così il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, durante il Question time di ieri alla Camera. Parole che suonano come una bocciatura della proposta di Azione, che invece aveva dichiarato di aver convinto il Governo a riaccendere le centrali a carbone di Brindisi e Civitavecchia per produrre 30 terawattora all’anno. Confermata dunque la versione dei fatti fornita dal deputato brindisino di FI, Mauro D’Attis. Per quanto riguarda i progetti di riconversione delle aree delle centrali a carbone, il ministro aggiunge che «il differimento del phase-out non inficia l’attività dei due comitati di coordinamento istituiti presso il ministero, che prosegue con celerità potendo comunque contare sulla disponibilità di aree idonee indipendentemente dalle immediate dismissioni, soprattutto a Brindisi».

Il riferimento è alle proposte di investimento tra porto e zona industriale presentate da 46 imprese. «Confermo l’impegno del ministero a concludere al più presto il percorso già individuato per giungere agli accordi di programma. Per Brindisi - spiega Urso - sono pervenute 46 proposte, in gran parte relative a energie rinnovabili, economia circolare e logistica. Le elaborazioni delle manifestazioni di interesse sono nelle fasi conclusive - rassicura il ministro -, poi d’intesa con gli enti locali verranno siglati due distinti accordi di programma che renderanno espliciti progetti, tempi e modalità degli investimenti produttivi». Esprimono soddisfazione i deputati di FI Mauro D’Attis e Alessandro Battilocchio: «Con la risposta del ministro dimostriamo che alle parole abbiamo fatto seguire i fatti. Non ci basta la semplice decarbonizzazione, vogliamo il rilancio industriale ed economico dei due territori. Grazie alle nostre proposte, divenute leggi dello Stato, oggi esiste un percorso concreto di crescita e sviluppo dei due territori nella cornice della transizione». Il ministro Urso «ha chiaramente ribadito che il Pniec prevede la cessazione della produzione elettrica tramite carbone entro il 31 dicembre di quest’anno e che questo impegno verrà mantenuto. Le due centrali - proseguono i due forzisti - si tengono in riserva, in manutenzione, senza produrre energia da carbone, pronte solo in caso di straordinaria necessità per la sicurezza energetica del Paese. Nel frattempo, si insediano le nuove aziende: alcuni miliardi di investimento e alcune migliaia di occupati in più. Ci sono i fondi privati, c’è il commissario di Governo per accelerare le autorizzazioni, c’è l’Accordo di programma». Per il capogruppo consiliare del Pd brindisino, Francesco Cannalire, «l’ordine del giorno presentato e approvato alla Camera dei Deputati, firmato anche da Mauro D’Attis, non mira davvero a favorire la transizione energetica: il suo unico scopo è aprire la strada a una discussione politica nazionale sul nucleare, tema che resta fortemente divisivo. Ci saremmo aspettati invece che D’Attis legasse la richiesta di proroga tecnica del phase out all’individuazione e allo stanziamento delle risorse indispensabili per sostenere il processo di decarbonizzazione e gli investimenti delle imprese». Il Pd continua dunque a ravvedere «un clima di incertezza, che è aggravato dalla schizofrenia delle dichiarazioni rese negli scorsi giorni», quando D’Attis è passato «da un invito perentorio a Enel di smantellare e liberare gli spazi a una richiesta poco chiara di rimanere e continuare a produrre fino al 2038». 

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