il caso
Caso Oceano Viking, la Corte Costituzionale: «Lecito il fermo di una nave Ong, ma la priorità resta salvare vite»
Considerate non fondate le questioni di costituzionalità poste dal Tribunale di Brindisi in merito al fermo disposto, lo scorso anno, della nave
E’ lecito il fermo amministrativo della nave che non rispetta le indicazioni delle autorità: si tratta infatti di una misura punitiva che «non è né irragionevole né sproporzionata». Nello stesso tempo non può essere considerato vincolante un ordine «che conduca a violare il primario obbligo di salvataggio della vita umana e che sia idoneo a metterla a repentaglio e non ne può essere sanzionata l'inosservanza». La Corte costituzionale con una sentenza depositata oggi ha considerato non fondate le questioni di costituzionalità poste dal Tribunale di Brindisi in merito al fermo disposto lo scorso anno della nave Ocean Viking, della ong francese Sos Mediterranee, che aveva soccorso migranti nel Mediterraneo centrale e non aveva osservato le indicazioni impartite dalle autorità italiane.
La normativa nazionale, secondo i giudici costituzionali, «si inserisce nell’àmbito delle regole di cooperazione dettate dalla Convenzione di Amburgo sulla ricerca e il salvataggio marittimo e l’inosservanza delle richieste di informazione e delle indicazioni delle autorità è sanzionata solo quando riguardi atti legalmente dati e conformi alla disciplina internazionale». E l’interpretazione sistematica della disciplina «conferma in modo inequivocabile non solo la possibilità, ma anche l'ineludibile necessità di intenderla in armonia con i princìpi costituzionali richiamati dal rimettente e con gli obblighi di soccorso e con il divieto di respingimento».
In particolare, la normativa nazionale «è legata indissolubilmente alla Convenzione Sar, che, a sua volta, si inserisce a pieno titolo in un complesso di regole improntate all’obiettivo della salvaguardia della vita in mare e ispirate a una vicendevole fiducia tra gli Stati». Prioritaria, dunque, è l'indicazione di un porto sicuro, «che salvaguarda il rispetto della vita, dei bisogni essenziali, della libertà, dei diritti assoluti (il divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti)». In base a queste considerazioni, la Corte stabilisce che «non è vincolante, pertanto, un ordine che conduca a violare il primario obbligo di salvataggio della vita umana e che sia idoneo a metterla a repentaglio e non ne può essere sanzionata l’inosservanza».
Per Dario Belluccio e Francesca Cancellaro, avvocati di Sos Mediterranee France, la sentenza afferma che «le indicazioni che devono essere rispettate dai comandanti delle navi umanitarie sono esclusivamente quelle 'legalmente datè e 'conformi alle regole della Convenzione di Amburgo e delle altre norme concernenti di soccorso in marè». La Corte, a parere dei legali, «offre una interpretazione del Decreto Piantedosi che, solo così, può essere ritenuta compatibile con la Costituzione e rende anche evidente che alcuna indicazione proveniente dalla Guardia costiera libica può ritenersi lecita e legalmente data. Riteniamo che questi principi debbano essere rigorosamente rispettati innanzitutto dalla Pubblica Amministrazione italiana e che il Governo italiano debba cessare l’attività di criminalizzazione delle navi umanitarie le quali, con spirito di collaborazione, devono essere trattate per quello che effettivamente fanno: salvare vite di persone in pericolo e in fuga da persecuzioni e torture e contribuire al sistema globale di ricerca e soccorso in mare».
Intanto, 25 cittadini stranieri sono finiti in carcere nell’ambito dell’operazione internazionale 'Medusà coordinata dalla Dda di Reggio Calabria ed eseguita dalla Polizia. Secondo le accuse organizzavano tutte le fasi della traversata dei migranti lungo la rotta del Mediterraneo orientale, dalla Turchia fino alla provincia reggina.