Il caso
Brindisi, a processo i sei arrestati per il tentativo di estorsione all’appaltatore della Provincia
Lucio Annis, Tobia Parisi, Francesco Sisto, Salvatore Esposito, Massimo Magli e Andrea Cava. Prima udienza il prossimo 3 marzo
BRINDISI - A processo tutti e sei gli arrestati con l’accusa di tentata estorsione ai danni dell’imprenditore vincitore dell’appalto bandito dalla Provincia per il rifacimento di una bretella stradale. Il giudizio immediato, saltando il passaggio dell’udienza preliminare, è stato disposto dalla gip del Tribunale di Lecce Tea Verderosa, su richiesta della pm della Dda salentina, Carmen Ruggiero, nei confronti di Lucio Annis, Tobia Parisi, Francesco Sisto, Salvatore Esposito, Massimo Magli e Andrea Cava. Prima udienza il prossimo 3 marzo.
Secondo l’accusa, a più riprese, dallo scorso mese di settembre e fino ai giorni precedenti al primo arresto, avrebbero preteso il pagamento di 200mila euro, somma pari al venti per cento dell’ammontare complessivo dell’appalto; somma poi ridotta a 50mila euro. Nei confronti di Annis, Parisi e Sisto, già condannati in via definitiva in qualità di affiliati della Scu, è stata contestata l’aggravante del metodo mafioso perché si sarebbero avvalsi «della forza intimidatoria derivante dalla loro caratura criminale». Nel capo d’imputazione si fa riferimento al vincolo associativo di stampo mafioso e alla circostanza che la loro partecipazione al sodalizio fosse «nota al territorio di riferimento», oltre che alla «condizione di assoggettamento» in cui versava l’imprenditore brindisino. Il titolare della ditta, temendo ripercussioni sui suoi familiari, in un primo momento aveva promesso il pagamento di una somma, salvo poi maturare la decisione di sporgere denuncia. Cosa che ha fatto in Questura. Sono quindi partite le indagini, coordinate dalla Dda di Lecce, e sono state autorizzate le intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali, in aggiunta ai servizi di osservazione e pedinamento.
Nella ricostruzione dell’accusa, Esposito - sfruttando la conoscenza personale con l’imprenditore - sarebbe stato l’intermediario, gli altri avrebbero preso parte alla richiesta del «pizzo». Parisi, in particolare, «dopo aver preso in disparte» il titolare della ditta, «gli riferiva che per il lavoro sulla strada provinciale» si dovevano «mettere tutti d’accordo» perché «dobbiamo stare bene tutti quanti, noi e voi». Sarebbe stata chiesta anche «l’assunzione di una persona» di loro fiducia per tutta la durata dei lavoro, così «evitando di subire danni» e garantendo «la protezione dell’attività».