l'inchiesta Fuori gioco

Mesagne, centomila euro per liberare il figlio rapito del boss rivale

Stefania De Cristofaro

Il minorenne sarebbe stato vittima delle guerre intestine alla Sacra corona tra Mesagne, Tuturano e Squinzano

Un minorenne, figlio di uno dei capi di una frangia interna alla Sacra corona unita, sequestrato e liberato dopo il pagamento di un riscatto di 100mila euro. Negli ambienti del sodalizio di stampo mafioso si parlava del «fatto del bambino». Fatto riferito da Antonio Campana, in veste di collaboratore di giustizia, nel 2019 ma ad oggi il mistero resta. Anche perché non ci sono indagati. Per lo meno non ci sono stati avvisi di garanzia notificati.

Il verbale del pentito condannato all’ergastolo per l’omicidio di Massimo Delle Grottaglie, avvenuto il 16 ottobre 2001, e fratello di Francesco Campana, al 41 bis, considerato ancora a capo del gruppo cosiddetto dei tuturanesi, già guidato da Salvatore Buccarella, è leggibile senza omissis essendo agli atti dell’ultima inchiesta della Dda di Lecce, chiamata Fuori Gioco, che nei giorni scorsi ha portato in carcere 25 persone, tra Brindisi e Lecce, partendo dalla ricostruzione di un gruppo che secondo l’accusa sarebbe stato guidato da Pietro Soleti, di San Donaci.

Il verbale è del 28 maggio 2019 ed era stato già inserito, a stralci, in una precedente inchiesta della Direzione distrettuale antimafia salentina, Old Generation, che a settembre 2020 sfociò nel blitz con 13 arresti. Tra i destinatari delle misure cautelari, oltre a Francesco Campana, Giovanni Donatiello, alias Cinquelire, di Mesagne, tornato in libertà nel 2018, dopo 30 anni in carcere per una condanna come mandante dell’omicidio di Antonio Antonica avvenuto nel 1989.

Il pentito il 28 maggio 2019 ha riferito dei rapporti burrascosi tra Raffaele Renna e Giovanni Donatiello e in questo contesto ha fatto riferimento al rapimento del bambino.

«Nel 2016, nel corso di una perquisizione nell’abitazione di un affiliato residente a Torchiarolo (indicato con nome, cognome e alias, ndr), venne trovata una «sfoglia scritta da Raffaele Martena in cui parlava male di Giovanni Donatiello detto cinquelire», indicandolo come «mandante del sequestro lampo, per la cui liberazione fu pagato un riscatto di 100mila euro, di cui la metà furono versati dalla famiglia Martena che in quel periodo era in società nella gestione del traffico di droga» con il padre del minore.

Né nei confronti di Donatiello, né nei confronti di un altro uomo di Squinzano, arrestato a dicembre 2014, la Dda ha mosso alcuna contestazione per il sequestro del minore. Le dichiarazioni di Antonio Campana, fino ad oggi, sono considerate di rilievo per la ricostruzione dei recenti assetti interni alla Sacra corona unita e per evidenziare il contrasto tra Giovanni Donatiello e Raffaele Martena, Cristian Tarantino, nei giorni scorsi finito al 41 bis, dopo essere riuscito a organizzare intimidazioni ai commercianti di San Pietro Vernotico, nonostante fosse in carcere, usando i social, e Raffaele Renna detto Puffo.

Secondo il pentito, Francesco Campana gli avrebbe scritto dicendo di «essere rimasto male per le parole che aveva sprecato Martena nei confronti del nostro paesano». Renna gli avrebbe scritto una lettera, dicendo che «l’amico aveva combinato un casino, sprecando brutte parole nei confronti di Donatiello», con il quale si sarebbe «incontrato nel carcere di Parma» per tentare di ricomporre la situazione. «Ma Donatiello non ne aveva voluto sapere». Il pentito ha aggiunto che Martena gli aveva detto di aver «ricevuto una lettera da Renna, al 41 bis, nel carcere di Parma, in cui diceva che Donatiello era rimasto male per le parole spese nei suoi confronti».

In questo contesto, sempre secondo Antonio Campana, il fratello Francesco lo informò di aver fatto «un accordo con Donatiello, nel carcere di Voghera» in cui erano entrambi detenuti, e che «poiché a breve Donatiello avrebbe guadagnato la libertà», Francesco «aveva deciso di costituire un nuovo gruppo», con due capi. Dal carcere ci sarebbe stato Francesco Campana e all’esterno Giovanni Donatiello. Per entrambi, è attesa la sentenza del tribunale di Brindisi rispetto all’accusa mossa con l’inchiesta Old Generation. La pm ha chiesto la condanna a 20 anni per il primo e 24 per il secondo. I difensori hanno respinto la ricostruzione, sostenendo la non credibilità dei pentiti, non essendoci stati riscontri fattuali alle dichiarazioni.

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