Il fatto

Morì dopo un giro tra più ospedali della Bat: pm chiede archiviazione per tre medici

Vito Troilo

L’indagine sul decesso di Pasquale Crocetti, 68enne originario di Trani residente a Varese, è ad un primo punto di svolta

L’indagine sul decesso di Pasquale Crocetti, 68enne originario di Trani residente a Varese, è ad un primo punto di svolta. La Procura tranese, che ha aperto un fascicolo d’inchiesta in relazione alla morte dell’uomo, avvenuta lo scorso 2 giugno, ha chiesto l’archiviazione per tre medici del pronto soccorso dell’ospedale «Vittorio Emanuele II» di Bisceglie. Un’ipotesi alla quale i familiari di Crocetti, assistiti dall’avvocato Riccardo De Lodi, si oppongono.

Tutto è cominciato con i forti dolori addominali avvertiti dal paziente, che ha raggiunto per due volte il presidio di emergenza della struttura sanitaria biscegliese, dal quale - in base alla versione fornita dai componenti della famiglia - sarebbe stato dimesso senza che si effettuassero tutti gli accertamenti necessari. Due giorni più tardi, a seguito di un nuovo malore, l’accesso in pronto soccorso ma al «Bonomo» di Andria, dove gli è stata diagnosticata immediatamente una perforazione duodenale con peritonite acuta e shock settico. Crocetti, operato d’urgenza, non è riuscito a sopravvivere. La denuncia mira a stabilire eventuali negligenze nella gestione iniziale del caso da parte del personale ospedaliero di Bisceglie. Per la Procura di Trani, in sostanza, «non è dimostrabile, oltre ogni ragionevole dubbio, che un comportamento diverso dei medici avrebbe evitato la morte del paziente», pur se alcune condotte sono state definite «non esenti da censura».

I legali della famiglia Crocetti hanno depositato un’istanza di opposizione all’archiviazione, comprendente una nuova perizia di parte. Secondo i consulenti (Sandro La Micela e Gianluigi Melotti), nel pronto soccorso di Bisceglie si sarebbero verificate «gravi omissioni diagnostiche, in particolare la mancata richiesta di consulenza chirurgica e la mancata esecuzione di una Tac, nonostante i segni di un addome acuto fossero già evidenti». E ancora: «Tra il nulla e una possibilità del 75% di individuare la perforazione intercorre una differenza enorme: un dubbio ragionevole che non può giustificare l’archiviazione». Il quadro clinico del 68enne sarebbe stato compromesso irrimediabilmente dal paventato ritardo diagnostico di 48 ore: «Con una diagnosi tempestiva, Crocetti avrebbe avuto una probabilità di salvezza prossima alla certezza» è quanto riportato nella relazione dei periti. Toccherà al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani stabilire se accogliere le ragioni contenute nell’opposizione ed eventualmente disporre nuove indagini o decidere per l’archiviazione.

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