Il caso

Andria, il pasticcio del centro per l'autismo. La Regione dice no alla Fondazione: non si può costruire

massimiliano scagliarini

Dopo il dietrofront della Asl Bat: aveva pubblicato il bando cinque giorni prima che fosse approvata la legge con i criteri

L’avviso pubblico con cui la Asl Bat sollecitava manifestazioni di interesse per realizzare il Centro di eccellenza per l’autismo è stato pubblicato l’8 novembre 2024. Ma la legge regionale 28, che ha fissato i requisiti per individuare i centri è stata approvata soltanto cinque giorni dopo, il 13 novembre 2024. Uno straordinario caso di «chiaroveggenza amministrativa», come lo ha definito il consigliere comunale di Andria, Michele Di Lorenzo, ex capogruppo del Pd che per questa storia è stato «sfiduciato» dai Dem della sesta provincia e ora è andato all’opposizione.

La vicenda, che ha visto la Asl prima scegliere la proposta presentata dalla Fondazione per le Neurodiversità di Andria, presieduta dal fratello della sindaca di Andria, la Dem Giovanna Bruno, salvo poi fare un precipitoso dietrofront quando la «Gazzetta» ha raccontato tutte le coincidenze e i conflitti di interessi che ci sono dietro, è approdata ieri in Terza commissione alla Regione (su richiesta della pentastellata Grazia Di Bari). A fare la parte dell’opposizione ci ha pensato il consigliere comunale Di Lorenzo, mentre all’audizione non hanno partecipato né l’assessore alla Salute, Raffaele Piemontese, nè l’ex consigliere Pd Filippo Caracciolo che dell’iniziativa (i 12 milioni destinati alle Asl pugliesi per centri di eccellenza sull’autismo) è il promotore. E che l’11 dicembre 2024 - quando né la Regione né la Asl avevano ancora pubblicato i documenti - aveva annunciato con un comunicato stampa che a gestire il centro nella Bat sarebbe stata la Fondazione della famiglia Bruno.

L’avviso pubblicato prima ancora della legge regionale dice molto della fretta che c’era di concludere la pratica: a voler essere buoni, dal 13 novembre (approvazione della legge) al 18 novembre (scadenza termini) c’erano ben cinque giorni per preparare la domanda. Un pasticcio rispetto al quale ieri l’ex direttore generale (oggi commissario straordinario) della Asl Bat, Tiziana Dimatteo, ha provato a sostenere che «molte delle cose dette dai giornali non sono corrette». A non essere corretta, perché ambigua e contraddittoria, sembra essere piuttosto la procedura seguita dalla Asl: il 28 novembre 2024 la Dimatteo ha scritto alla Regione che «ritiene maggiormente rispondente alle finalità dell’avviso pubblico la soluzione prospettata dalla Fondazione pugliese per le neurodiversità», mentre il 2 gennaio (dopo gli articoli della «Gazzetta», e dopo che il dipartimento Salute ha chiesto chiarimenti) la Asl è stata prima costretta a pubblicare i documenti e quindi a fare dietrofront scrivendo alla Regione che all’avviso avevano risposto in due e che entrambi i partecipanti «risultano in possesso dei requisiti di partecipazione previsti dall’avviso».

Un pasticcio enorme in cui si incrociano conflitti di interessi e coincidenze, tutti giocati sulla pelle delle persone autistiche («L’autismo è un business - ha detto Vito Tupputi di Assomeda - e non fate altro che farlo rimanere tale»). La Fondazione della famiglia Bruno (la sindaca figura tra i promotori) ha ottenuto i suoli in diritto di superficie dal Comune di Andria nel 2020 con l’impegno a cominciare la costruzione entro luglio 2025. Caracciolo, che ha proposto la legge regionale sui centri per l’autismo, è stato sia il patron politico della sindaca Bruno, sia il nume tutelare della Asl Bat: ci sono le impronte digitali di Caracciolo su numerose nomine della Asl, in cui entra ed esce a suo piacimento, e persino sull’attribuzione delle posizioni organizzative. Ed è singolare, per non dire altro, che la Asl in prima battuta abbia scelto proprio il suolo della Fondazione con cui aveva fatto una convenzione il 22 agosto 2024: «Se avessero voluto - ha fatto notare ieri Di Lorenzo - avrebbero potuto chiedere agli enti pubblici del territorio se avevano suoli o immobili adatti. Se invece scegli un suolo assegnato a un privato, poi come fai a dire che sull’immobile che sorgerà su quel suolo devi avviare un procedimento per la cogestione?». È chiaro, ed è l’equivoco su cui si gioca, che chi realizza un centro a proprie spese su «mandato» della Asl poi si sente in diritto di gestirlo.

La Regione ha comunque fatto capire che la procedura della Asl Bat non va bene o comunque non è completa. La delibera di giunta di novembre, ha chiarito la dirigente del dipartimento Salute, Elena Memeo «era una individuazione provvisoria di sedi da parte di tutte le Asl, necessaria per poter quantificare e reperire le risorse relative ai lavori di ristrutturazione. Asl Bt dovrà chiarire che intenzioni ha rispetto all’individuazione della sede. Parallelamente si procederà a disciplinare meglio il modello organizzativo e la coprogrammazione con gli altri enti oltre a decidere quale forma di gestione dovrà essere utilizzata. Un terreno del Comune andrebbe bene, ma è dato in concessione a una Fondazione: se l’individuazione della sede dovesse rimanere questa sarebbe comunque sganciata dalla gestione».

Nel frattempo la Fondazione sta provando a far partire i lavori per la realizzazione del centro. Lo ha fatto presentando istanza di autorizzazione unica alla Zes: domani è prevista la riunione della conferenza dei servizi. Dovrà svolgersi in modalità sincrona perché nel fascicolo c’è un «parere reiettivo» della Regione, in cui si dice che il procedimento semplificato «non può operare nel caso di specie», che il Comune non ha chiesto il parere di compatibilità (pur essendosi affrettato a dare parere positivo) e che il centro non è compatibile con la programmazione regionale. Se la Zes dovesse rilasciare l’autorizzazione unica, la Fondazione sarebbe titolata a cominciare i lavori.

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