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Assolta in appello l'avvocatessa Favullo di Andria: era accusata di aver favorito la mafia

L'indagine su estorsioni e usura del clan Pesce. In primo grado la professionista era stata condannata a 4 anni e 10 mesi: era ancora ai domiciliari

La Corte d’Appello di Bari ha assolto «perché il fatto non costituisce reato» l’avvocatessa Tiziana Favullo dalle accuse di estorsione e usura con l’aggravante del metodo mafioso, che in primo grado – con rito abbreviato – avevano comportato una condanna a quattro anni, dieci mesi e venti giorni di reclusione. La professionista di Andria (difesa dall’avvocato Mario Malcangi di Trani) era ai domiciliari e ne è stata disposta la liberazione.

I giudici di appello (Prima sezione, presidente Francesca Lamalfa) hanno inoltre ridotto la condanna inflitta a Giuseppe Loconte, 22 anni (difeso dagli avvocati Enrico Alvisi e Giuseppe Cannone) da sei anni, dieci mesi e venti giorni a cinque anni, un mese e dieci giorni, previa rinuncia ai motivi di appello con il riconoscimento delle attenuanti generiche. La Procura generale (con la pm Patrizia Rautiis) aveva chiesto per entrambi la conferma delle condanne di primo grado.

Il procedimento trae origine da un’inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari con la pm Daniela Chimienti che nell’ottobre 2023 ha smantellato con sei arresti il clan Pesce di Andria. A processo (in primo grado) ci sono i fratelli Oscar Davide e Gianluca Pesce, Michela Altomare Caldarone e Nicolas Nicolamarino, accusati a vario titolo di estorsione e usura aggravate dal metodo mafioso.

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