Il processo

Trani, il pentito Romanelli si sfoga in aula: «Mi hanno abbandonato»

Linda Cappello

Il racconto del collaboratore di giustizia: «Ho scelto di parlare per dare un futuro ai miei figli»

TRANI - «Sono stato abbandonato. Loro che mi dovevano mantenere a me, io l’ho fatto a titolo di favore, ti ho mantenuto le armi, voi cosa mi avete fatto? Mi avete abbandonato?». È questo lo sfogo che il collaboratore di giustizia Salvatore Romanelli, 40enne di Trani, fa nell’aula della Corte d’Assise nel corso del processo in cui è imputato, nato dall’operazione della Dda di Bari portata a termine nel 2019 e denominata «Knockout».

Il 2 novembre verrà celebrata la prossima udienza, nel corso della quale sarà escussa Debora Lupo, moglie di Romanelli, anche lei in una località protetta dopo la decisione del marito di collaborare con la giustizia.

Oggetto del processo il ritrovamento di una borsa contenente armi e munizioni - anche da guerra - e quattro chili di stupefacenti fra hashish e marijuana. Tutto era nascosto nell’appartamento di Gennaro Romanelli, padre di salvatore, anche lui imputato nel processo. I fatti risalgono al 13 aprile 2019, e subito dopo l’arresto il 40enne decise di collaborare.

Alla domanda sui motivi di questa decisione, formulata dal pm Daniela Chimienti, Romanelli risponde: «L’ho fatto per i miei bambini, per dare un futuro migliore ai miei figli. Anche per cambiare vita, perchè ne ero stanco».

Sostanzialmente, Romanelli avrebbe detenuto le armi per conto di altri. Nello specifico, per conto di Luca Soldano, 46enne di Trani, anche lui imputato.

«Io mi occupavo di spaccio di cocaina e detenevo marijuana, hashish e armi, ero custode - spiega il collaboratore - l’ho fatto a titolo di favore, ero custode delle armi e dell’altra droga che fu rinvenuta dai carabinieri. Io facevo capo a Luca Soldano».

Romanelli aggiunge di aver ricevuto dallo stesso Soldano, cui era legato da un rapporto di affiliazione, la richiesta di custodire le armi. « Mi indicò che a casa di Cristian, dove erano custodite prima che le custodissi io, c’erano queste armi qua e che le voleva spostare, e dissi io: “Le prendo io a titolo di favore”, e le ho custodite a casa di mio padre».

Si tratta, in particolare, di una mitraglietta Skorpion calibro 7,65, una pistola revolver, 19 cartucce cal. 7,65, 24 cartucce calibro 380 e un giubotto antiproiettile.

Negli atti del processo si fa riferimento al verbale della manifestazione di collaborare di Romanelli: « Non vedo giusto tutto quello che mi è stato fatto, mi dicevano non ti preoccupare, ti mantengo io se vieni arrestato. Poi, addirittura, mia moglie veniva cacciata dalla casa di Luca Soldano, che dice: “Tuo marito non merita niente”». Non resta ora che aspettare il 2 novembre per scoprire cosa dirà in aula la moglie di Romanelli.

Gli imputati sono difesi dagli avvocati Claudio Papagno, Rinaldo Alvisi e Antonio Florio.

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