il caso
Molfetta, nell'indagine sui rifiuti spunta la «parentopoli»: a dirigere l'impianto pubblico un ex consigliere comunale TUTTI I NOMI
Dopo il sequestro di un ramo di impresa della Asm. L'accusa: «Il mancato pagamento dei canoni ha aggravato la bancarotta della Trasmar»
Le indagini sul fallimento della Trasmar sas di Barletta travolgono una partecipata pubbica, l’Asm di Molfetta, che dalla prima aveva acquisito nel 2020 - e non senza polemiche - un vecchio impianto per il recupero dei rifiuti. E avrebbe così contribuito - secondo la Procura di Trani - al dissesto della Trasmar. Per questo ieri la Finanza ha eseguito un decreto di sequestro preventivo da 1,4 milioni firmato dal gip Ivan Barlafante, che ha anche messo i sigilli all’impianto di selezione affidandone la gestione a un commissario giudiziale.
L’inchiesta coordinata dal procuratore Renato Nitti (con i pm Pasquale Festa e Francesco Tosto) è la seconda bufera che si abbatte sul Comune di Trani, dopo l’arresto ai domiciliari del sindaco Tommaso Minervini che una settimana fa ha portato alle dimissioni della maggioranza dei consiglieri. Stavolta nel mirino c’è la gestione di una società partecipata: l’attività della Asm, secondo il gip di Trani, sarebbe stata «totalmente ispirata al sacrificio dell’interesse erariale e previdenziale ed all’aggravamento del dissesto della Trasmar».
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