serie b
Il Bari senza equilibrio: la difesa a 3, un’idea
La rosa è stata costruita per utilizzare la difesa a 4. E, infatti, quattro sono gli interpreti: Vicari, Nikolaou, Meroni e Kassama. Giocando a 3 ne servirebbero 6. Cinque di livello potrebbero anche essere sufficienti...
Tre giornate di campionato sono nulla rispetto alla complessità di un campionato che, storicamente, sfugge a qualsiasi tipo di valutazione. Addirittura «illeggibile», in alcuni frangenti. Non ci sono, però, partite «inutili». E nemmeno segnali insignificanti. Ogni passo porta con sé piccole verità. Tutto sta ad avere la voglia di «leggere» tutto.
Prendiamo il caso del Bari. Dopo due giornate sembrava che ci fossero solo sensazioni positive. «Squadra più tecnica rispetto a quella dell’anno scorso», «centrocampo formidabile», «giusto mandare via Maita e Benali», «gruppo in grado di stare al passo con le prime», «contro due big come Monza e Venezia non s’è vista differenza, anzi risultati stretti». Bicchiere mezzo pieno? Molto di più. Alla faccia di un bottino (un solo punto all’attivo) che, qui a Bari, mai nella storia ha portato in dote entusiasmo. Ma tant’è. A Modena, insomma, si è arrivati così. Salvo, poi, sbattere il muso contro la realtà. Che racconta altro. Pur senza cancellare quello che di buono si è visto finora. La psicologia, certo. Tifosi sprofondati in un pessimismo cosmico. Uno dei più grandi classici nel mondo del calcio.
Questione di equilibrio. Nei giudizi e nelle analisi a più ampio respiro. Imprudente definire positive, e basta, le prestazioni a Venezia e contro il Monza. E non solo perché il risultato non può mai essere un dettaglio. In quelle partite il Bari ha, sì, dimostrato coraggio e slanci ma anche una nitida fragilità difensiva. Centrocampo leggerino, poco propenso all’interdizione. Due terzini un po’ troppo «attaccanti» per un sistema di gioco con la difesa a quattro. E, nel complesso, una squadra troppo poco da... serie B. Alla voce aggressività, compattezza, ferocia. Il problema è che non se n’è accorto quasi nessuno. Tutti «accecati» dalla voglia di trovare punti di chiusura con un passato inaccettabile. Le difficoltà, per carità, ci stanno. Contro chiunque. Ma dipende come le vivi. Ricordando che pensare di avere di fronte avversari ingiocabili... è una bugia grande come una casa. Certificata dai risultati e dalla prestazioni di Venezia e Monza nelle partite successive. Due grandi del campionato, certo. Ma anche squadre che giocano e fanno giocare. Con l’atteggiamento, talvolta, di chi pensa che per vincere serva solo dare del «tu» al pallone. Follia.
A Modena il Bari ha abbassato i giri del motore. Finendo per sfruttare poco e male le maglie abbastanza larghe degli emiliani, almeno per quello che s’è visto nel primo tempo. Squadra prevedibile, incapace di creare superiorità numerica con quattro esterni, per diversi motivi, decisamente fuori partita sul piano della qualità. Il Modena non ha dovuto nemmeno «sporcarsi» le mani più di tanto. davanti a un avversario che ha «morso» poco o nulla. Era già successo, sia chiaro. Il Bari concede eccessiva facilità di palleggio, si arriva ai sedici metri troppo facilmente. Poco filtro, distanze eccessive. E interpreti con pochissima fisicità.
Gli allenatori amano ripetere che non sono i sistemi di gioco a scavare le differenze. Piuttosto, l’atteggiamento e l’interpretazione di una partita. Verissimo. Però stavolta sembra essere più una questione di caratteristiche che tattica. La sensazione è che la difesa vada protetta e non solo con un centrocampo più muscolare (Darboe servirebbe come il pane). Un’idea? Tre marcatori centrali e i due esterni più liberi di «alzarsi». Dorval, in primis. Incapace com’è di stare in campo con ordine. E, anche, di interpretare il ruolo con la mentalità del difendente. Al contrario di Dickmann che, invece, sta limitando tantissimo la sua innata predisposizione a spingere. Una consegna firmata Caserta, nessun dubbio. Come quella posizione un po’ ibrida di Verreth, ora regista e ora a sostegno dei centrali. Al Bari serve equilibrio. Una di quelle cose che non si possono barattare. Mai. Non s’è quasi mai visto che una squadra «ballerina» giochi per vincere il campionato.
Certo, la rosa è stata costruita per utilizzare la difesa a quattro. E, infatti, quattro sono gli interpreti: Vicari, Nikolaou, Meroni e Kassama. Giocando a tre ne servirebbero sei. Diciamo che cinque di livello potrebbero anche essere sufficienti, sperando che infortuni e squalifiche non diventino variabili impazzite. C’è Pucino pronto a mettersi a disposizione. Il «braccetto» di destra l’ha già fatto e con buoni risultati. Garantisce esperienza, personalità, cattiveria. Resterebbe scoperta la casella di vice Dickmann. Aspettando scelte definitive e... il mercato di gennaio.
La «palla» è nelle mani di Fabio Caserta. Tecnico bravo, persona onesta. Tutto tranne che un «talebano» della tattica. Come dimostra la sua storia a Catanzaro dove proprio a Bari scelse di virare verso la difesa a tre. Non sarebbe una sconfitta, ci mancherebbe. Anzi, un grande segnale di maturità. Esattamente come meriterebbe massimo rispetto la scelta di continuare sulla strada imboccata finora. Nessuno meglio di lui conosce l’anima del gruppo. Quello che conta è «aggiustare» qualcosa. Cominciando da venerdì sera a Palermo. Inzaghi ha una squadra forte che, però, non è il Real Madrid. Ci sta soffrire ma guai a dimenticare che ci si chiama Bari. E il Bari deve giocare alla pari contro chiunque.