Il fenomeno

Truffe agli anziani, a Bari gruppi organizzati secondo il «modello Napoli»

Luca Natile

Le informazioni rubate alle vittime attraverso le telefonate da finti call center. Piccoli rischi e grandi profitti

Dietro le truffe agli anziani. Chi c’è dietro la rete criminale che agisce «sotto mentite spoglie» per derubare le persone avanti negli anni, le più fragili, le più indifese? È il nuovo business del malaffare, sempre più organizzato sul modello malavitoso con gerarchie e «spartenze», nel quale si sta riciclando anche la criminalità predatoria e la malavita di piccolo cabotaggio che ha deciso di migrare verso un tipo di reato che sembra avere meno implicazioni e fa correre meno rischi. Il malaffare barese si sta riciclando e ora replica il modello dei racket napoletani.

Nell’era digitale, le truffe agli anziani sono diventate un fenomeno sempre più organizzato, con metodologie e strategie sofisticate e ben strutturate. Gli impostori nella maggior parte dei casi conoscono il nome dei loro bersagli e dei rispettivi parenti. Prima di colpire raccolgono  tutte le informazioni possibili dalle cosiddette «fonti aperte»: piattaforme social, le pagine bianche online, le notizie di prima mano de relato dalle cosiddette «talpe di quartiere», basisti che conoscono il territorio e collaborano nella individuazione delle possibili vittime. Per questo, bisogna fare attenzione a coloro che si fingono amici di persone che fanno parte della propria cerchia familiare o lavorativa o quelli che, conoscendo la situazione finanziaria delle stesse vittime, cercano di acquisire particolari.

Chi si presenta sull’uscio di casa indossa una maschera, a volte una divisa ed esibisce un finto tesserino da avvocato, da ispettore dell’ufficio delle tasse o da carabiniere (l’80% dei raggiri viene costruita sulla bugia del finto militare dell’Arma). La fantasia è l’unico limite poi ci sono le tecniche di persuasione e manipolazione psicologica.

L’inganno viene costruito. C’è un periodo di studio durante il quale l’organizzazione raccoglie informazioni, pedina la vittima (o la fa pedinare dai «corvi», i basisti sul territorio), osserva le sue abitudini, controlla se riceve visite, la frequenza con la quale si recano da lei i parenti, gli orari delle badanti o delle collaboratrici domestiche.

Ognuno ha un compito preciso. Ci sono le «vedette» che osservano e seguono gli spostamento degli anziani, i «telefonisti» che agganciano la preda dagli elenchi telefonici online o dalle piattaforme social, «gli autisti» e infine i cosiddetti «attori» i truffatori che si presentano in casa recitando la parte del finto carabiniere o del finto avvocato.

Spesso sono le stesse vittime che inconsapevolmente forniscono ai predoni le informazioni che servono, semplicemente rispondendo al telefono. I centralinisti delle associazioni a delinquere si fingono operatori di call center e con il tatto necessario riescono a farsi dire se c’è gente in casa, dove vivono i figli e come si chiamano, che lavoro fanno, dove vanno a scuola i nipoti.

Raccolti i primi dati inizia il pedinamento che durano una o due settimane. Infine scatta la trappola. La vittima viene raggiunta dalla telefonata minatoria con la quale viene informato che una persona cara è stata arrestata e che c’è una cauzione da pagare: «Non si preoccupi può raggiungerla l’avvocato del suo congiunto, dia a lui il denaro e tutto verrà risolto». Il tempo di chiudere la conversazione è c’è già qualcuno dietro la porta per riscuotere la somma (in contanti e gioielli). Quando l’anziano si rende conto di essere stato ingannata è già troppo tardi. Il copione viene recitato a memoria, i truffatori cantano sempre le stesse «canzoni» che conoscono a memoria: il figlio o la figlia che ha provocato un incidente, oppure un debito alla scadenza, un tassa evasa.

Le associazioni criminali specializzate in questo genere di reati dispongono di più telefonisti, attori e autisti. Il bottino viene poi consegnato al «capomastro» che divide il guadagno in percentuali: chi rischia di meno, come l’autista, viene pagato meno. L’organizzazione tiene per sè in media tra il 20 e il 30% degli incassi e guai a chi cerca di mettersi in proprio. Se un affiliato mette a segno una truffa in solitaria, quando torna a casa trova ad aspettarlo i colleghi. È come se fosse un racket, ci sono le «menti» che restano a casa a tessere le fila della organizzazione e gli esecutori materiali.

Le regioni che fanno registrare il maggior numero di truffe in danno di over 65 per 100mila residenti sono Lazio, Emilia Romagna, Umbria, Lombardia, Abruzzo, Piemonte e Campania.

La criminalità barese si sta ispirando al modello organizzativo dei gruppi partenopei. Sulla rotta Campania-Puglia continuano a viaggiare le squadre dei professionisti più abili della truffa. Sono gite di un giorno o massimo 48 ore per Bari, con escursioni brevi e tour a tempo nei comuni della provincia. Partenze programmate da Napoli, Caivano, Casoria, Pomigliano D’Arco, San Giorgio a Cremano, ritorno in giornata o in caso di ospitalità a carico di terzi, nelle 48 ore successive alla partenza. Bagaglio leggero. Trasferimenti su auto a noleggio breve con pagamento delle spese alla partenza. Il giro prevede solitamente un passaggio obbligato per Bari e gite lampo nei comuni della provincia. Ora però la mala barese si sta mettendo in proprio.

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