La decisione
Spinse il gatto nella fontana di Alberobello: farà servizio in un canile
Il giudice ha disposto la messa in prova di 7 mesi
ALBEROBELLO - «La pena serve a riabilitare e in questo caso la ragazza con la messa alla prova ed anche prima, ha già avviato un suo percorso di ricostruzione. Si è resa conto di quello che ha fatto e, grazie al sostegno della famiglia e il giusto intervento del Tribunale per i minori, ora è serena e segue il percorso che deve fare, con grande equilibrio». Ornella Tripaldi è l’avvocato che ha affiancato nel suo percorso giudiziario la ragazza di Alberobello che nel gennaio del 2024 diede un calcio al gatto Grey. Il micio anziano fu spinto in una fontana di acqua gelida morendo pochi giorni dopo. Il tutto filmato da un’amica tra risate ed incitamenti. Il video fu poi postato sui social per catturare like.
La notizia della morte del gatto, che viveva libero ma accudito da volontari, sollevò una grande indignazione. La ragazza fu identificata e denunciata dalla Lav e dalle due volontarie che si occupavano di Grey.
«Abbiamo chiesto subito al Tribunale un percorso di messa alla prova che è una forma principe di riabilitazione – spiega l’avvocato Tripaldi -. Sia la famiglia dell’adolescente, sia come loro legale, siamo convinti che specie quando lo sbaglio è fatto da un minore, il riconoscimento dell’errore commesso debba passare da un percorso di responsabilità. Abbiamo suggerito di svolgere un periodo di impegno in una associazione a difesa degli animali, una proposta che inizialmente non ha visto d’accordo le persone offese. Invece il Gip ha appoggiato la proposta, sviluppando un programma che in realtà è già iniziato. La ragazza si è resa conto dell’errore già prima del processo. Ha accettato con grande partecipazione le attività di riabilitazione, ha adottato un cagnolino di cui si prende cura personalmente e al quale si è molto legata. Una esperienza di empatia che l’ha molto maturata».
Il Tribunale ha disposto che l’adolescente dovrà nel corso di sette mesi svolgere attività di cura in un canile municipale in provincia di Bari, svolgere attività socioeducative in una struttura di recupero per minori, frequentare un corso di educazione alla legalità e seguire colloqui presso un consultorio familiare.
«Questa storia ci deve far riflettere tutti – conclude l’avvocato -. Un percorso di recupero e riabilitativo deve essere fatto negli spazi e modi adeguati, come è il Tribunale per i minori, non sul palco dei social. Solo così si ottengono veri risultati specie se si tratta di ragazzi».
«Alla fine di questo percorso ci sarà anche una relazione dettagliata su questi mesi – spiega la Lav in una nota nella quale ringrazia il suo legale Annarita D’Errico per aver seguito il caso -, così da mettere nero su bianco quanto la ragazza si sia realmente resa conto dell’azione fatta».