Il caso
Appaltopoli a Molfetta, i pm hanno intercettato mezzo Comune. L'ansia del sindaco: «Mi sveglio con il terrore dell'arresto»
Le carte dell'indagine che venerdì porterà il primo cittadino davanti al gip. Chiesti i domiciliari per 5 persone
BARI - Nel 2022 la Procura di Trani aveva messo sotto intercettazione mezza politica molfettese, piazzando microspie negli uffici e nelle macchine dei vertici comunali e ricorrendo anche ai trojan. Lo aveva fatto proprio a cavallo del sequestro del cantiere dell’area mercatale da cui è nata l’indagine che venerdì porterà davanti al gip di Trani, Marina Chiddo, il sindaco Tommaso Minervini e altre sette persone accusate a vario titolo di di turbativa d’asta, corruzione, peculato e depistaggio, in un fascicolo che conta complessivamente 21 indagati.
I pm Francesco Aiello, Francesco Tosto e Marco Gambardella hanno chiesto i domiciliari per Minervini e anche per i dirigenti comunali Alessandro Binetti, 58 anni di Bari, Lidia De Leonardis, 58 anni di Bari, l’imprenditore portuale Vito Leonardo Totorizzo, 79 anni di Bari e per l’autista (e cugino) del sindaco, Tommaso Messina, 66 anni di Molfetta, mentre hanno chiesto il divieto di dimora a Molfetta per Domenico Satalino, 54 anni di Bari, il funzionario Mario Morea, 64 anni di Bari e l’ex luogotenente della Finanza, Michele Pizzo, 60 anni (ora in pensione), residente a Molfetta. Ma per Minervini - scrive la Procura nelle 226 pagine della richiesta di arresto, sarebbe stato necessario il carcere vista «la pervicacia dimostrata», «la particolare personalità incline alla reiterazione di reati» e «l’elevato grado di inquinamento probatorio» che risulta dal tentativo di eliminare le microspie piazzate dalla Finanza: ma a settembre 2024, quando la richiesta è stata depositata, Minervini aveva già superato i 70 anni...