il caso
Ex PopBari, venduti 2.500 titoli «illiquidi» a clienti ignari: risarcimento a due correntisti
Lo ha deciso il Tribunale di Bari condannando l’istituto di credito a risarcire circa 15mila euro, oltre a 5mila euro di spese processuali
BARI - L’ex Banca Popolare di Bari, oggi Banca del Mezzogiorno, dovrà restituire a due correntisti baresi il denaro investito in azioni. Lo ha deciso il Tribunale di Bari condannando l’istituto di credito a risarcire circa 15mila euro, oltre a 5mila euro di spese processuali. I due denuncianti, assistiti dagli avvocati Vito Lacoppola e Annalisa Ladisa, hanno acquistato tra il 2009 e il 2011 più di 2.500 azioni «illiquide» quotate tra i 9,15 e i 9,40 euro, aderendo poi nel 2012 e nel 2013 a due aumenti di capitale e riuscendo l’anno successivo a venderne una parte.
Nella citazione dinanzi al Tribunale, i due hanno spiegato di non aver alcuna conoscenza finanziaria e di non essere stati adeguatamente informati sui «rischi di perdita di capitale, illiquidità e inadeguatezza dell’operazione». Hanno chiesto quindi la risoluzione del contratto quadro e dei successivi ordini di acquisto e aumento di capitale «per inadempimento degli obblighi di informazione», con conseguente condanna della banca alla restituzione del capitale investito, oltre al risarcimento del danno. La banca, dal canto suo, sosteneva che «la banca aveva, in più occasioni, fornito informazioni complete e dettagliate in merito alle caratteristiche e ai rischi connessi con l’acquisto di titoli tramite documenti informativi, consegnati in copia al cliente, nei quali veniva puntualmente illustrato sia il rischio di perdita del capitale investito, sia il cosiddetto rischio di liquidità».
Invece «ciò che non risulta documentato» si legge nella sentenza, è proprio «l’assolvimento da parte dell’intermediario degli obblighi informativi anteriormente all’esecuzione dei relativi ordini di acquisto con riferimento all’acquisizione di informazioni circa grado di conoscenza ed esperienza nel settore di investimento da parte degli attori, loro situazione finanziaria e loro obiettivi di investimento. Tale adempimento risulta soddisfatto e documentato solo in occasione della stipula del contratto quadro del 10.06.2013, successivo all’epoca degli investimenti contestati». Per questi motivi il Tribunale ha dichiarato la risoluzione degli ordini di acquisto, con condanna della banca a pagare poco più di 15mila euro e tutte le spese legali sostenute dai due correntisti.