giustizia
Bari, per il clan Velluto la sentenza arriva dopo vent’anni: 24 condanne
Traffico di droga a Carrassi, Poggiofranco e S. Pasquale alla fine degli anni Novanta
BARI - Si chiude dopo più di vent’anni con 24 condanne tra i 30 anni e i 3 anni e 4 mesi di reclusione, 13 tra assoluzioni e prescrizione dei reati e 4 dichiarazioni di morte di altrettanti imputati, il processo sul clan Velluto, nato tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila sulle ceneri dei gruppi mafiosi Anemolo e Cellamare. Il processo per associazione mafiosa, traffico e spaccio di droga nei quartieri Poggiofranco, Carrassi e San Pasquale con ramificazioni nei comuni limitrofi di Capurso, Acquaviva delle Fonti, Monopoli e Corato, è iniziato nel 2012 e ieri, a distanza di 12 anni, il Tribunale di Bari ha letto la sentenza di primo grado nei confronti dei 41 imputati. I reati più datati risalgono al 1998, i più recenti al 2004. Molti imputati all’epoca erano poco più che ventenni, ma potrebbero dover scontare solo adesso, ormai quasi cinquantenni, molti anni in carcere.
Secondo l’accusa (il procedimento è stato ereditato dal pm Antimafia Fabio Buquicchio) a capo del clan c’erano Domenico Velluto e Giovanni Fasano, condannati a 30 anni di reclusione. Con i partecipi Gennaro Ragone (25 anni di reclusione), Pietro Simeone (30 anni), Carlo Biancofiore (26 anni), Angelo Spano (27 anni), Achille Soranghi (26 anni), Giovanni Belviso (15 anni e 4 mesi), Vito Pinto (19 anni), Alessandro Lorusso (21 anni), Mario Di Gioia (22 anni), Alessandro Pace (26 anni), Francesco Buono (21 anni), Arcangelo Vacca (21 anni) e Domenico Vitale (14 anni e 4 mesi), il gruppo avrebbe tentato di «conseguire - si legge nell’imputazione di associazione mafiosa - il completo controllo del territorio e assicurarsi la gestione di tutte le attività illecite ritenute utili per realizzare profitti o vantaggi ingiusti, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal prestigio criminale già acquisito nel quartiere Carrassi» dai clan Anemolo e Cellamare, «dei quali la maggior parte degli indagati aveva in passato fatto parte, e della conseguente condizione di assoggettamento e di omertà esistente all’interno e all’esterno del gruppo». Velluto e Fasano, secondo la Dda, ai vertici dell’organizzazione, avrebbero avuto il ruolo di affiliare sodali, dirigendo il traffico di cocaina, eroina, hashish ed ecstasy. In ogni zona di influenza, il clan avrebbe avuto un referente con il compito preciso di gestire le piazze di spaccio.
Oltre alla gran parte degli affiliati al clan, il traffico di droga era affidato, alcuni nel ruolo di pusher, ai sodali Nicola Licciardi (condannato a 13 anni e 4 mesi), Alessandro Laforgia (20 anni), Domenico Aceto (13 anni e mesi), Stefano Gatta (20 anni), Andrea Petruzzelli (13 anni e 4 mesi), Antonio Vacca (4 anni), Maurizio Altamura (3 anni e 4 mesi), Pietro Moschetti (13 anni e 4 mesi), Andrea Lupo (6 anni e 8 mesi).
Assolti o prosciolti (per non aver aver commesso il fatto o perché già giudicati per gli stessi reati o perché i reati sono ormai prescritti, soprattutto singoli episodi di spaccio) Antonio Andriola, Fabio Armenise, Cosimo Brescia, Natale Cucumazzo, Giuseppe Fiore, Nicola Immorlano, Francesco Lalario, Francesco Lamparelli, il collaboratore di giustizia Domenico Milella, ex braccio destro del boss Palermiti di Japigia, Salvatore Pasquariello, Michele Sassanelli, Sergio Spagnolo, Gaetano Toscano,
Nel processo era coinvolto anche il pusher e pr barese Francesco Vitale, con il ruolo di referente della piazza di spaccio di Capurso, dove all’epoca abitava. Vitale (figlio di Domenico) è morto a Roma nel febbraio 2023, a 45 anni, dopo essere precipitato dal balcone di un appartamento nel quartiere Magliana. Oltre Vitale, il Tribunale ha dichiarato il non luogo a procedere di altri tre imputati nel frattempo deceduti: Ciro Casone, Nicolantonio De Bari e Luciano Quarto.