Il caso

Bari, ustione da succo di frutta: assolta la titolare del bar

isabella maselli

Si chiude dopo cinque anni la vicenda giudiziaria del bambino intossicato: non sarebbe stata accertatala connessione tra il liquido ingerito e il successivo malore

GIOIA DEL COLLE - A più di cinque anni dai fatti si chiude con l’assoluzione piena della proprietaria di un bar di Gioia del Colle la vicenda giudiziaria sul bambino di 5 anni che rimaste ustionato dopo aver bevuto un succo di frutta nel locale. Il Tribunale di Bari ha assolto Matilde Leobardi, titolare e gestore del bar «Belle Epoque cafè», dall’accusa di lesioni gravi «per non aver commesso il fatto» e dal falso «perché il fatto non costituisce reato».

La vicenda risale al 23 marzo 2019. Il bambino era entrato nel bar con la mamma e aveva consumato una bottiglietta di succo di frutta industriale con la cannuccia. Aveva subito avvertito uno strano sapore e bruciore fino a vomitare sangue. Quindi la corsa in ospedale prima ad Acquaviva delle Fonti e poi a Bari, dove stato ricoverato per alcuni giorni nel reparto di chirurgia pediatrica, perché la sostanza aveva provocato al piccolo ustioni su lingua, esofago e stomaco. Nel frattempo i carabinieri del Nas, coordinati dalla Procura di Bari, avviarono gloi accertamenti, dopo aver proceduto al sequestro del succo di frutta incriminato ma anche delle altre bottigliette della stessa marca di quella bevanda, sulle quali effettuare analisi. Subito gli investigatori precisarono che non c’è vi era certezza di una connessione tra l’ingerimento della bevanda acquistata nel bar e la successiva intossicazione.

Inizialmente, quindi, le indagini furono avviate a carico di ignoti, ma i militari, sulla base delle consulenze dai colleghi dei reparti specializzati di Roma, quasi due anni dopo l’episodio, notificarono - a firma della Procura di Bari - un avviso di garanzia alla titolare del bar.

L’ufficio inquirente del capoluogo le contestava di «avere omesso» il piano di autocontrollo Haccp, con particolare riguardo alla procedura di «utilizzo di detergenti e prodotti chimici da utilizzare nell’esercizio, in tal modo procurando lesioni personali» al bimbo, «consistite» in ustioni «da sostanza caustica». Il bambino, cioè, avrebbe bevuto uno sgrassante per stoviglie e forni, «contenuto evidentemente» nella bottiglia con l’etichetta del succo di frutto, «poi rinvenuto all’interno del laboratorio del bar». All’indagata - poi finita a processo con queste accuse - era contestato anche di aver esibito ai carabinieri - durante le indagini - documenti di frequenza di un corso di formazione e aggiornamento quali «alimentaristi» delle due dipendenti (una delle quali aveva servito la bevanda al bambino), «risultati falsi».

Secondo il Tribunale, che ha accolto la tesi difensiva proposta dall’avvocato Filippo Castellaneta, l’imputata non ha causato le lesioni a quel bambino. La difesa ha insistito sull’assenza di un «nesso di causalità» tra la presunta omissione del piano di autocontrollo Haccp e l’intossicazione del bambino, evidenziando che anche il consulente nel corso del processo ha indicato una serie di ipotesi alternative che potrebbero aver causato quel malore.

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