Il caso

Esami di guida col trucco: a Bari 76 patenti da distruggere ma i «furbetti» impugnano

Isabella Maselli

Il raggiro era ideato da un gruppo criminale capeggiato dalla famiglia Lovreglio di Japigia, che tra il 2014 e il 2017 aveva messo in piedi una base operativa per fornire le risposte esatte ai candidati durante i quiz

BARI - Arriva in appello il processo sulle patenti truccate a Bari, dopo che nei mesi scorsi il Tribunale ha ordinato la distruzione di 76 licenze di guida «conseguite fraudolentemente» in quanto «frutto di un’attività ingannatoria», perché «attestanti un’idoneità alla guida nei confronti di soggetti i cui requisiti di capacità non sono stati realmente verificati». Secondo i giudici baresi del primo grado, anche se i reati sono ormai quasi tutti prescritti, le patenti ottenute illecitamente non posso essere restituite perché «il loro possesso è in grado di aggravare le conseguenze del reato, consentendo ad esempio - si legge nella sentenza - di conseguire abilitazioni alla guida per messi di categoria superiore, potendo così gli imputati, ad esempio, diventare camionisti, ovvero rappresentare un rilevante pericolo per l’incolumità degli utenti della strada».

Così il Tribunale ha motivato nelle scorse settimane la condanna di dodici imputati a pene comprese tra i dodici mesi e i due anni di reclusione, il proscioglimento per prescrizione dei reati nei confronti di altre 64 persone (falsa attribuzione di lavoro altrui, cioè un vecchio regio decreto del 1925 che punisce sostanzialmente chi copia durante un concorso pubblico), ma la confisca e distruzione delle patenti di tutti, come aveva chiesto la pm Silvia Curione.

Gli imputati erano tutti candidati all’esame di guida e avrebbero ottenuto la patente grazie al raggiro ideato da un gruppo criminale, capeggiato dalla famiglia Lovreglio di Japigia. Stando alle indagini della Polizia Stradale, tra il 2014 e il 2017 l’organizzazione avrebbe messo in piedi una base operativa, dalla quale partivano le risposte ai candidati durante gli esami di guida. Il meccanismo illecito consentiva, dietro il pagamento di 3mila euro, di accedere a sistemi di comunicazione telematici e audio grazie ai quali i candidati trasmettevano le immagini della schermata relativa alle schede d’esame della motorizzazione e ricevevano le risposte esatte da contrassegnare. Spesso segnalati da scuole guida compiacenti - hanno ricostruito gli investigatori - , venivano addestrati e muniti delle apparecchiature nascoste sotto gli abiti, all’interno di un centro sportivo della provincia, dove avvenivano anche vere e proprie simulazioni. La dotazione prevedeva abbigliamento ad hoc, imbracature, una complessa strumentazione tecnologica per inviare le domande e auricolari per captare le risposte. Il giro d’affari complessivamente stimato è di circa 250mila euro.

Al vertice del sodalizio «a conduzione familiare» c’era il pluripregiudicato barese Battista Lovreglio, 64enne affiliato al clan Parisi, aiutato da figli, fratelli e nipoti con il ruolo di staffette, vedette e supporto logistico ai candidati (i nove componenti della associazione per delinquere finalizzata al plagio letterario hanno patteggiato pene tra i 4 mesi e i 2 anni di reclusione).

I 76 candidati, invece, hanno affrontato il processo: dodici sono stati condannati per essersi «in piena consapevolezza rivolti ad un apparato organizzativo che si occupava sistematicamente delle attività alterazione delle prove d’esame con metodi fraudolenti». Anche per i 64 prosciolti perché il reato è ormai prescritto, «gli elementi di prova - spiega il Tribunale nella sentenza - consentono di escludere l’evidenza probatoria circa l’innocenza di ciascuno» di loro. Al di là della condanna, quindi, tutti quei 76 «furbetti» se volessero guidare ancora dovrebbero rifare corso ed esami. La distruzione delle patenti, però, sarà effettuata solo quando la sentenza diventerà irrevocabile e nelle ultime ore molti degli imputati hanno impugnato il provvedimento. La palla, ora, passa ai giudici della Corte d’Appello.

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