L'inchiesta
Bari, tabaccaio accusa i suoi usurai: «Al soldo dei clan anche insospettabili»
La Procura chiede 56 arresti, il gip dice «no»: «Fatti troppo vecchi». C’è l’appello. Gli indagati sono in tutto 73 Ci sono pure il pugile Lezzi e un esponente del tifo biancorosso
BARI - Cinquantadue episodi di usura ed estorsione aggravati dal metodo mafioso contestati, a vario titolo, a 73 persone. Un’indagine, non nota fino ad oggi, che ha rivelato un racket durato anni e che avrebbe avuto per protagonisti nomi noti alla criminalità organizzata barese, esponenti di spicco dei clan Strisciuglio, Diomede e Capriati, con il coinvolgimento anche di insospettabili, come il pugile Francesco Lezzi e un volto conosciuto del tifo biancorosso. Per 56 persone la Procura aveva chiesto l’arresto (46 in carcere e 10 ai domiciliari) ma il gip Rossana de Cristofaro ha rigettato la richiesta: i fatti sono troppo vecchi. Gli episodi contestati, infatti, risalgono in alcuni casi a quindici anni fa.
«Pur non potendo negarsi la sussistenza di una adeguata piattaforma indiziaria in ordine alla commissione di ciascuno dei delitti», secondo il Tribunale è «assente in concreto, per difetto di attualità e concretezza, il pericolo di reiterazione dei reati prospettato quale unica esigenza a fondamento della richiesta di misura cautelare». La Procura, però, non ci sta e ha fatto appello, evidenziando che «le esigenze cautelari vanno parametrate alla commissione di reati della stessa specie e non in relazione allo stesso reato», ricordando peraltro che molti degli indagati fanno parte di clan ancora attivi.
LE ACCUSE
L’inchiesta della Guardia di Finanza è partita nel 2016 dopo le dichiarazioni della presunta vittima, il titolare di una tabaccheria, cugino di un noto boss di Carrassi, che aveva deciso di diventare un collaboratore di giustizia, dopo essere stato a sua volta arrestato per usura ed estorsione. Il commerciante aveva raccontato - circostanze poi confermate dalle intercettazioni e dagli accertamenti bancari - di aver ottenuto prestiti per decine di migliaia di euro in un momento in cui era in difficoltà economica, poi costretto a restituire il denaro con tassi di interesse fino al 4.800% e, in alcuni casi, consegnando a copertura parziale dei debiti pacchi di biglietti «gratta e vinci».
«Da qua tu non esci vivo» sarebbe stata solo una delle minacce per costringere l’imprenditore a pagare. Questo particolare episodio, risalente al periodo tra aprile 2013 e settembre 2014, è contestato al pregiudicato del clan Strisciuglio Giovanni Raggi in concorso con quelli che per la Procura erano suoi stretti collaboratori, il suo autista Antonio Novelli e il pugile Francesco Lezzi. In altre occasioni la vittima sarebbe stata aggredita fisicamente durante vere e proprie spedizioni punitive, costretta a consegnare anche la propria auto a garanzia delle obbligazioni usuraie rimaste inadempiute. E decine di volte l’imprenditore sarebbe stato minacciato: «Forse ti dimentichi - gli avrebbe detto il boss Franco Diomede «Il Marsigliese» - che io comando a San Pasquale, a Carrassi e ovunque tu vai. Non pensare che siccome tuo cugino sta con noi ti puoi salvare».
Nell’inchiesta è indagato anche un commerciante di abbigliamento accusato di riciclaggio e ricettazione per aver incassato gli assegni in bianco estorti alle vittime di usura, procurando al clan anche merce contraffatta da rivendere. L’esponente del tifo barese risponde di un episodio di usura risalente a maggio 2014, per essersi occupato - è l’accusa - di incassare il denaro per conto di uno dei sodali del clan Capriati.
Ad un certo punto gli indagati avrebbero tentato anche di appropriarsi della tabaccheria come pagamento di un debito residuo da 80mila euro. Tra i nomi dei destinatari della richiesta di arresto (al momento respinta) ci sono anche quelli del boss del quartiere Libertà Vito Valentino, del noto imprenditore delle slot machine Baldassarre D’Ambrogio. Ma ci sono anche i rampolli della famiglia Vavalle del San Paolo, uno dei Capriati di Bari Vecchia e uno dei presunti usurai che non poteva avere soprannome più adatto al ruolo: «Sanguisuga».
L’APPELLO
L’indagine della guardia di finanza è durata circa tre anni. L’informativa finale è stata depositata a settembre 2019 (i fatti contestati vanno dal 2009 al 2018, la gran parte però dal 2013 al 2016) e la richiesta di arresto è datata dicembre 2021 (con integrazione a ottobre 2022). Secondo il gip «pur operando una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti», come in questo caso, «di un rilevante arco temporale non segnato da condotte dell’indagato di perdurante pericolosità». Nel rigettare le 56 richieste di arresto, il giudice evidenzia proprio che «non vi è traccia di ulteriori condotte illecite di analogo tenore» e alcuni degli indagati nel frattempo si sarebbero anche «dissociati dai contesti criminali». In ultimo, il gip de Cristofaro fa presente che alcuni dei reati contestati sono prescritti ormai da anni.
Ad impugnare il provvedimento è stato il procuratore Roberto Rossi in persona con la pm Bruna Manganellli, evidenziando «la presenza di plurime circostanze dimostrative della esistenza delle esigenze cautelari ignorate dal gip: pluralità di gravi reati commessi successivamente ai fatti contestati da componenti di clan ancora in attività». L’udienza all’esito della quale il Riesame deciderà se arrestare i 56 indagati è stata fissata per giovedì 25.
LA REPLICA DELL'AVVOCATO DI LEZZI
“Siamo certi che riusciremo innanzi al Tribunale a dimostrare l'estraneità di Francesco Lezzi ai fatti contestati, atteso che Francesco, da più di 13-14 anni è un pugile professionista, riferimento per tutti i giovani, sia che si stanno affacciando allo sport nobile, sia per coloro che già lo praticano”. Lo dichiara l’avvocato Nicola Oberdan Laforgia, difensore di Francesco Lezzi, coinvolto nell’inchiesta della Dda di Bari su un presunto giro di usurai.
“Francesco - prosegue il difensore - allena i bambini, si allena ogni giorno, in maniera costante e professionalmente eccellente ed è estraneo a tutti i fatti a lui presumibilmente contestati. Siamo certi - conclude il legale - che Lezzi sia stato coinvolto nell'indagine per un mero errore”.