Il caso
Detenuto torturato in carcere a Bari: chieste 11 condanne
L’aggressione, che gli inquirenti qualificano come tortura, risale alla notte del 27 aprile 2022. Il detenuto 41enne fu violentemente picchiato come documentano le immagini interne della videosorveglianza
BARI - La Procura di Bari ha chiesto 11 condanne fino a 8 anni di reclusione per altrettanti imputati nel processo sul pestaggio di un detenuto psichiatrico nel carcere di Bari da parte di alcuni agenti penitenziari.
L’aggressione, che gli inquirenti qualificano come tortura, risale alla notte del 27 aprile 2022. Il detenuto 41enne fu violentemente picchiato come documentano le immagini interne della videosorveglianza dopo che aveva appiccato le fiamme alla sua cella costringendo alla evacuazione della intera sezione. Ne rispondono 6 agenti (cinque odierni imputati e uno, Domenico Coppi, già condannato in primo grado a 3 anni e 6 mesi con rito abbreviato), tre per aver materialmente aggredito il detenuto (tra cui Coppi) e gli altri per non averlo impedito.
Il procuratore aggiunto Giuseppe Maralfa e la pm Carla Spagnuolo hanno chiesto per gli agenti Giacomo Delia e Raffaele Finestrone la condanna a 8 anni di reclusione; per i colleghi Francesco Ventafridda la condanna a 6 anni, Antonio Rosati e Giovanni Spinelli 4 anni e 6 mesi.
Nel processo sono contestati ad altri quattro agenti e ai due infermieri che quella notte erano di turno anche i reati, a vario titolo, di rifiuti di atti d’ufficio, violenza privata, falso ideologico, omessa denuncia e abuso d’ufficio. Vito Sante Orlando rischia 1 anno e 8 mesi, Michele De Lido 18 mesi di reclusione, Leonardo Ginefra 10 mesi e Francesco Valenziano 8 mesi (tutti agenti penitenziari). La Procura ha chiesto la multa di 60 euro per i due infermieri Massimo Fortunato e Carmina Immacolata Laricchia. Le arringhe delle difese inizieranno il 17 gennaio.
«Detenuto alla mercé degli agenti»
Nel corso di una requisitoria durata circa due ore e mezzo il procuratore aggiunto di Bari, Giuseppe Maralfa, ha sottolineato «l'estrema gravità della situazione che la polizia penitenziaria ha dovuto fronteggiare» la notte del 27 aprile 2022, dovendo spegnere l’incendio appiccato nel carcere di Bari dal 41enne detenuto psichiatrico ed evacuare l’intero piano. E ha evidenziato «le condotte di violenza grave e con crudeltà» tenute nei confronti del detenuto, sottoposto a un "trattamento inumano e degradante per la dignità della persona».
Al termine della requisitoria il procuratore ha chiesto condanne da otto anni a quattro anni e sei mesi di reclusione per i cinque agenti penitenziari a processo per le presunte torture commesse ai danni di un detenuto con problemi psichiatrici, nel carcere di Bari, il 27 aprile 2022.
Le condotte degli agenti, ha rilevato Maralfa, «specchio di una speciale riprovevolezza» nei confronti della vittima, avrebbero fatto sì che il detenuto fosse lasciato «alla completa mercé dei suoi torturatori». Comportamenti che avrebbero rappresentato una «gravissima distorsione del dovere di custodia, trasformando» il carcere, «in un luogo di assenza di tutele, con demolizione e annientamento dello status di essere umano».
Gli agenti, ha detto ancora Maralfa, «avrebbero dovuto garantire diritti e tutele», ma si sarebbero resi protagonisti di forme di «sopraffazione fisica» definite «moralmente riprovevoli». Il pm ha comunque sottolineato il comportamento "irriguardoso, violento, minaccioso, irrispettoso» del detenuto, la cui pericolosità era «nota».
Condanne minori sono state chieste per gli altri sei imputati, tra agenti della penitenziaria che non hanno partecipato al pestaggio e infermieri: sono accusati a vario titolo di falso in atto pubblico, rifiuto d’atti d’ufficio, abuso d’ufficio, violenza privata e omessa denuncia. Le discussioni dei difensori degli imputati inizieranno nella prossima udienza del 17 gennaio.
Il commento di Antigone
«Coma Antigone ci auguriamo che si arrivi ad assicurare giustizia rispetto alle presunte torture contestate ad alcuni agenti di polizia penitenziaria nel carcere di Bari, per cui oggi il Pubblico Ministero ha chiesto diverse condanne. L’ipotesi accusatoria di tortura, originaria, al momento è confermata. Aspettiamo adesso, nel pieno rispetto delle sue prerogative, la decisione dell’autorità giudiziaria». A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
«Nelle carceri - prosegue - non ci deve essere mai spazio per episodi di violenza e tortura. La legge in vigore sta aiutando a perseguire chi commette questo reato, dimostrando di essere fondamentale e per questo va difesa da tutte le forze democratiche che hanno a cuore lo stato di diritto. Il tutto nella consapevolezza di quanto sia importante affidarsi a uno staff primo baluardo della legalità, così come è successo a Bari, dove molto si deve a direttrice e comandante che non si sono voltate dall’altra parte. Così come avvenuto in Piemonte, dove senza le indagini fatte dal Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria alcune inchieste non sarebbero neanche partite. Preoccupa pertanto la decisione di cambiarne i vertici in quella regione dopo tutto il lavoro svolto. Nell’amministrazione penitenziaria vi è un personale di Polizia educativo, dirigenziale e amministrativo di alta qualità morale e professionale, che va gratificato ogniqualvolta si propone come un esempio di legalità, anche rompendo lo spirito di corpo se necessario».