serie b

Pietro Maiellaro: partita chiave, il Bari deve solo vincere

davide lattanzi

L'ex fantasista sprona il Bari a dare un segnale forte: sabato al San Nicola sarà di scena il Venezia, seconda forza della B

BARI - «Ci vorrebbe davvero una bella vittoria, in una gara così complessa».

Pietro Maiellaro sprona il Bari a dare un segnale forte. Sabato al San Nicola sarà di scena il Venezia, seconda forza della B: un match dal sapore particolare per il «mitico» Zar che in biancorosso ha scritto pagine indimenticabili (119 presenze e 26 reti dal 1987 al ‘91, con una promozione in serie A, la vittoria della Mitropa Cup e due salvezze di fila nel massimo campionato), ma è anche passato dal club veneto (19 gettoni ed un gol nel 1992-93), un’annata in chiaro scuro come lo stesso «Zar» ricorda.

«Ma a dirla tutta, non fu certo la mia miglior versione…», afferma l’ex fantasista con la consueta schiettezza. «La testa non c’era molto in quel periodo… Saltò il contratto con la Ternana che fu colpita da problemi finanziari, arrivai al Venezia a campionato in corso e finì che ci andai più per fare il viaggio di nozze rispetto a giocare a pallone… Scherzi a parte, città meravigliosa, pubblico appassionato, ma forse ero troppo deluso sia dall’avventura alla Fiorentina che non andò come mi aspettavo, sia dal mancato ritorno al Bari: c’erano tutti i presupposti perché potessi vestire nuovamente il biancorosso dopo lo svincolo dalla Ternana, ma purtroppo qualcuno non volle…».

Bari-Venezia sabato: che significato ha?

«Per il Bari è una partita chiave. Occorre un successo convincente che rilanci a pieno titolo le “nostre” quotazioni nella lotta al vertice. Il Venezia è un’ottima squadra e ha in Pohjanpalo l’attaccante forse più forte del campionato. Tuttavia, non mi dà quell’impressione di netta superiorità per pronosticarla in una fuga senza ostacoli per la promozione diretta. Nel cammino dei Galletti, più che l’attuale nono posto ad una sola lunghezza dai playoff, stonano proprio quei nove punti dai veneti: sono davvero troppi per una piazza che non può astrarsi dalla lotta per la vetta. Ecco, vincendo uno scontro diretto, le distanze già si ridurrebbero notevolmente. In più, un’affermazione in un match di cartello riaccenderebbe una tifoseria ancora scottata dall’epilogo della scorsa estate e giustamente non soddisfatta per una stagione partita in sordina. Il connubio tra città e squadra è la componente da ritrovare a tutti i costi per andare lontano».

Da Mignani a Marino: qualcosa è davvero cambiato nel Bari?

«Devo essere onesto: con Mignani la squadra non perdeva magari, ma vedevo più di un segnale preoccupante. Avevo l’impressione di un gruppo gravato dalle responsabilità, privo dell’opportuna leggerezza e sfrontatezza che, invece, emergevano lo scorso anno. Non sono all’interno, ma se i segnali erano davvero questi, allora è stato meglio provare a cambiare rotta. Pasquale Marino mi piace: è uno della vecchia guardia, un tecnico con le idee chiare, dai modi pacati, con un’esperienza tale da poter davvero insegnare qualcosa di importante».

Quindi il tecnico siciliano può essere l’uomo giusto per decollare definitivamente?

«Secondo me non si è ancora generata la “scossa” completa, ma una mezza scarica di elettricità sì. Contro Brescia ed Ascoli, il Bari mi è sembrato più aggressivo e votato all’offensiva: pur non creando moltissimo negli ultimi metri, si percepiva la sensazione di una squadra capace di rendersi pericolosa e di tenere l’avversario sulla difensiva. Se con la Feralpi Salò fosse arrivata la terza vittoria di fila in un match che sembrava ampiamente alla portata, i numeri sarebbero stati completamente dalla parte di Marino. È pur vero che è entrato in corsa, prendendo una squadra non sua: mi auguro che la società possa assecondarne le idee con opportuni interventi nel mercato di gennaio. Il contesto, in fondo, è molto equilibrato: se il Bari riuscirà a trovare un’intesa efficace tra i suoi interpreti, con qualche correttivo potrà giocarsela fino in fondo».

Chi può risultare decisivo sabato?

«Una premessa è d’obbligo: il calciatore del Bari che più mi intrigava era Menez. Pur a 36 anni, avrebbe potuto essere decisivo perché vede un calcio che gli altri nemmeno immaginano: per classe, estro e visione appartiene ad altri palcoscenici. Ora mi sta piacendo molto Sibilli, uno che esce spesso fuori dagli schemi. Il padre, Salvatore, giocava con me a Campobasso: ambidestro, estroso, segnava gol spettacolari. Giuseppe lo ricorda molto: vediamo tante partite tutte uguali, con i calciatori che svolgono il compitino. Lui, invece, fa spesso di testa sua: calcia da lontano, parte in dribbling, prende iniziativa. E mi sembra proprio che la magia di Bari lo abbia “rapito” moltiplicando la sua fiducia e spingendolo al salto di qualità. Mi auguro, perciò, che risulti ancora determinante. Possiamo parlare di tattica per ore, ma è sempre la qualità che fa la differenza…».

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