guerra tra clan

Bari, agguato al San Paolo, una condanna

isabella maselli

4 anni e 8 mesi al 27enne Giuseppe Vavalle per tentato omicidio

BARI - Quattro anni e 8 mesi di reclusione, 12mila euro di multa e risarcimento danni alle vittime. Si è concluso così il processo con rito abbreviato nei confronti del 27enne Giuseppe Vavalle, uno dei due fratelli (il più piccolo, Francesco, 21 anni, è a processo con rito ordinario), accusati dell’agguato del 22 agosto 2022 nel quartiere San Paolo, in cui rimase ferito il pregiudicato 35enne del clan Strisciuglio Domenico Franco, finito in ospedale con il volto tumefatto e un foro di proiettile ad una gamba.

Il pm della Dda Marco d’Agostino aveva chiesto la condanna a 6 anni per tentato omicidio con aggravante mafiosa. Nei giorni scorsi, per la stessa vicenda, è stato condannato a due anni di reclusione dal Tribunale per i Minorenni il 17enne ritenuto complice dei due fratelli Vavalle.

L’aggressione avvenne nel vano seminterrato del bar «Gran Caffè» in via delle Regioni, gestito dalla famiglia Vavalle. La dinamica è stata ricostruita dai carabinieri soprattutto grazie alle immagini delle telecamere di videosorveglianza, che hanno immortalato intere sequenze di quella serata di sangue, ritenuta il culmine di un susseguirsi di agguati reciproci, botta e risposta, tra la famiglia Vavalle e i referenti del clan Strisciuglio nel quartiere San Paolo.

Quella sera, poco dopo le 19, i fratelli Vavalle (tuttora entrambi detenuti in carcere per l’agguato di quasi un anno fa), con il presunto sodale minorenne, avrebbero attirato Franco nel bar di famiglia «con un pretesto» e lì, nel seminterrato del locale, lo avrebbero malmenato picchiandolo al volto anche un tirapugni, mentre il più grande di loro avrebbe estratto una pistola ed esploso un unico colpo «da distanza ravvicinata», ferendo il 35enne ad una gamba, «il che costituisce - scriveva il giudice nell’ordinanza di arresto - un chiaro avvertimento mafioso, giacché, in contesti di criminalità organizzata, è frequente l’uso della “gambizzazione” utilizzata per gli avvertimenti mafiosi». La vittima, a quel punto, sanguinante e zoppicante, dopo aver minacciato vendetta, si sarebbe allontanata a piedi per poi farsi accompagnare in ospedale da un automobilista che passava di lì.

Nei giorni successivi, intercettato nella camera di degenza nell’ospedale San Paolo dove era ricoverato, sarebbe stata la stessa vittima a confermare la dinamica e a fornire dettagli del pestaggio subito. «Hanno fatto il filone hai capito? E lo so mi sono fatto bluffare, hai capito? - diceva Franco ad un amico che era andato a trovarlo, raccontando la trappola in cui era stato attirato dai fratelli Vavalle - , la prima volta nella vita mia che mi faccio bluffare».

Agli investigatori è bastato poco a ricostruire il contesto dell’aggressione e identificare gli autori, documentando anche il rischio concreto i ritorsioni, sulla base di minacce ricevute tramite social network. Da Tik Tok fu infatti estrapolato il commento «i due morti che camminano» sotto una foto dei Vavalle e un’altra immagine con Giuseppe Vavalle che indossava un giubbino anti proiettile.

Il più grande dei due fratelli ha poi confessato il delitto e ha scelto il rito abbreviato. Per l’altro, Francesco (entrambi difesi dall’avvocato Nicola Quaranta) la prossima udienza è fissata il 7 settembre per il deposito della perizia sulle intercettazioni.

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