Il caso
Bari, la Cassazione accoglie il ricorso: «Rivalutare l’arresto di Miniello»
Il pm si appresta a chiedere il giudizio del ginecologo accusato di aver avuto rapporti intimi con le pazienti per curare loro il papilloma virus
BARI - Il Tribunale di Bari dovrà rivalutare l’arresto di Giovanni Miniello, il ginecologo barese 69enne finito agli arresti il 30 novembre 2021 per violenza sessuale aggravata nei confronti di due pazienti, per aver abusato di loro durante le visite (il 22 aprile scorso il medico è tornato libero e interdetto per 12 mesi).
Nelle motivazioni della sentenza con la quale la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza che aveva rigettato l’appello della Procura sulla detenzione in carcere per il ginecologo, si evidenzia la «contraddittorietà» del provvedimento dei giudici baresi. La Procura aveva fatto ricorso su diverse questioni (tutte accolte): non soltanto sulla misura cautelare, ma anche sulla sussistenza delle accuse di tentata violenza sessuale relative alle proposte di rapporti sessuali come cura per il papillomavirus e per prevenire il tumore dell’utero e sulla tardività di alcune querele, perché diverse donne hanno denunciato anni dopo i fatti.
La Cassazione evidenzia che il Tribunale barese, in sede di appello cautelare, da una parte ha ritenuto che vi fosse «minaccia costrittiva» quando il medico aveva prospettato la possibilità di un tumore, «cui si poteva ovviare attraverso la “singolare” terapia degli anticorpi da lui somministrata», e dall’altra però ha osservato che la proposta di Miniello sarebbe apparsa alle stesse pazienti «talmente surreale da rifiutarla». «Il Tribunale - si legge nella sentenza della Suprema Corte - ha evidenziato come, in prima battuta, Miniello abbia segnalato alla paziente la circostanza che questa potesse essere affetta da una grave patologia, potenzialmente letale, ponendola a distanza di poche ore nella alternativa se accettare o meno la terapia consistente (pare incredibile a dirsi) nel prestarsi a ripetute congiunzioni carnali con lui onde assumere in tal modo gli “anticorpi” necessari per prevenire il morbo».
«Appare in effetti frutto di contraddizione - secondo la Cassazione - il riconoscere il fatto che l’indagato avesse posto in essere una condotta di carattere oggettivamente minatoria in danno della paziente, offrendole, in forma poco meno che cronologicamente immediata, la possibilità di sottrarsi alle conseguenze negative del morbo la cui possibile imminenza le aveva predetto, salvo poi escludere, sotto il profilo della esistenza della gravità indiziaria, la sussistenza degli elementi per emettere la misura cautelare».
Sulla tardività delle querele, poi, la Cassazione ritiene la valutazione dei giudici barese «viziata sotto il profilo della logicità della motivazione», perché danno «per acquisito che le pazienti avrebbero potuto, in termini di sostanziale immediatezza, comprendere la natura delle condotte, senza valutare però la circostanza che, proprio perché si trattava di pratiche definite dall’autorevole sanitario di carattere terapeutico, la loro effettiva valenza poteva ragionevolmente sfuggire, non essendo le pazienti avvezze alla valutazione della effettiva pertinenza o meno delle pratiche sanitarie ed essendo state indubbiamente turbate nella serena e rapida valutazione degli eventi dalla diagnosi formulata nei loro confronti da Miniello di una possibile grave infermità di cui erano potenziali portatrici».
Su tutto questo saranno chiamati ad esprimersi nuovamente i giudici baresi. Intanto la Procura si appresta a chiedere il rinvio a giudizio per il medico, difeso dagli avvocati Roberto Eustachio Sisto e Italia Mendicini (studio FPS). Al ginecologo, oltre alle vicende contestate nella fase cautelare e sulle quali si è espressa la Cassazione, sono stati addebitati episodi di violenza sessuale tentata e consumata ai danni di 20 ex pazienti e lesioni personali aggravate per un «disturbo da stress post traumatico» causato ad alcune di quelle donne.