CRIMINALITA'
Bari, da un anno la malavita spara solo al «San Paolo»
Dopo il caso del ferimento fibrillazioni nel clan Strisciuglio per la gestione degli affari
Non una guerra ma un regolamento di conti interno per uno sgarro, la violazione di regole imposte dall’alto e rifiutate dalla base, da un gruppo emergente. Si naviga a vista al San Paolo, in attesa di sapere e di capire quello che accadrà e se il 45enne Domenico Franco, uomo del clan nato per volontà di Domenico Strisciuglio, detto «Mimmo la Luna» lasciato da un’auto davanti al Pronto soccorso del San Paolo, con una ferita di arma da fuoco alla gamba destra, fornirà agli investigatori elementi utili per risalire ai mandanti e agli esecutori del suo ferimento. Chi ha avuto l’ardire di prendersela con uno degli uomini della «luna», il clan più numeroso, aggressivo, potente e meglio armato della città?
Molte cose sono cambiate al San Paolo. Non c’è più il «padrino» Giuseppe Mercante, detto «Pinuccio il drogato», morto a 70 anni nell’aprile del 2021 per una grave malattia. Nessuno ha preso il suo posto, almeno per il momento. Sembra non avere più potere Giuseppe Misceo, 58 anni, detto «Il fantasma», altro pezzo da novanta, che gli Strisciuglio-Telegrafo volevano togliere di mezzo «per prendersi il Cep». Lui è in carcere ed i suoi sono in disgrazia, emarginati nel loro stesso quartiere. Sembra definitivamente fuori dai giochi Andrea Montani 58 anni, tornato in carcere nell’agosto del 2019 per il tentato omicidio del pregiudicato 42enne Ignazio Gesuito, ferito in un agguato il 5 febbraio 2018 nel quartiere Cecilia di Modugno. Secondo l’accusa Montani, soprannominato «Malagnacch», avrebbe tentato di ucciderlo per vendicare il figlio Salvatore, ammazzato da Gesuito nel giugno 2006. Non ci sono più Arcangelo Telegrafo, 30 anni, alias «Angioletto», uno proprio cattivo, con un bel quinto grado di camorra ad esaltarne lo spessore criminale, una condanna a 20 di carcere sul groppone per l'omicidio di Donato Sifanno, nipote di Giuseppe Mercante. I clan del San Paolo stanno tremando. Le possibili rivelazioni di Arcangelo e di suo fratello Donato, 35 anni, anche lui pentito, potrebbero infliggere un durissimo colpo ad una malavita in equilibrio precario. Dopo il pentimento dei Telegrafo, i social (in particolare TikTok) si sono riempiti di profili con nomi eloquenti come «collaboratoriSanPaolo» o «pentitidistato», che altro non sono se non una gogna social contro «gli infami» e strumenti di pressione.
I bene informati dicono che a dettare le regole ora al San Poalo ci siano i ragazzi di Alessandro Ruta, 35 anni, detto «U’russ», capobastone della famiglia mafiosa. Anche lui è in carcere ma il suo nome continua a fare paura ed i suoi a darsi da fare.
Negli altri quartiere ad alta concentrazione criminale regna la calma e non sembra un caso che da settembre si spari a Bari solo in situazioni collegate all’ex Cep. Dal riserbo degli investigatori trapela l’ipotesi che il ferimento di Domenico Franco non sia il prodotto di una faida tra famiglie ma il un regolamento di conti legato alla gestione degli affari della stessa famiglie di mafia.